Il nome della nuova Era imperiale giapponese non ha fatto contenti proprio tutti. La reazione all'annuncio è stata anzi abbastanza fredda. Il periodo...
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Tom Gill, antropologo e professore presso la Facoltà di Studi Internazionali della Meiji Gakuin University, è tra coloro che hanno criticato il nome della nuova Era imperiale. Gill ha scritto che i boccioli di prugno fanno riferimento a una raccolta antichissima di cui i giapponesi ordinari sanno poco o addirittura nulla. Il Manyoshu, da cui l'opera è tratta, risale infatti al XIII secolo. Inoltre, riflette Tom Gill, c'è la questione linguistica dei Kanji scelti per il nome della nuova Era. In questi due caratteri cinesi Gill e altri intellettuali hanno intravisto una possibile deriva autoritaria per il Giappone guidato dal premier nazionalista e conservatore Shinzo Abe. Il Kanji “Rei” significa in sostanza “ordine” o “comando”. Lo si trova, per esempio, nell'espressione “meirei” traducibile con “comando” oppure "ordine". Il secondo carattere della parola “Reiwa” invece è stato oggetto di dibattito perché può essere tradotto con “pace” e “armonia”, ma ha anche delle connotazioni fortemente patriottiche e nazionalistiche. Il carattere “Wa” è lo stesso di quello dell'epoca Showa, che va dal 1926 al 1989. Un periodo tristemente associato all'ascesa del militarismo nipponico e ai crimini commessi dal Giappone in tempo di guerra, un passato che i giapponesi hanno da tempo interiorizzato e sottoposto al giudizio della storia. Richiamare quell'ideogramma e non uno dalla connotazione più neutra di pace ha l'effetto spiacevole di voler recuperare quel senso di orgoglio nazionale. Tutto ciò è “molto Abe”, conclude Gill.
«Il nome della nuova Era suona come un comando, come se ai giapponesi fosse ordinato di raggiungere la pace, non come se il popolo venisse ispirato a realizzarla in modo dinamico e volontario», ha commentato Kazuto Hongo, storico dell'Università di Tokyo ad Asahi TV. Per Yoshinori Kobayashi, autore di libri sugli imperatori giapponesi. Il Kanji “Rei” richiama invece l'idea di doversi inginocchiare al sovrano, riferisce ABC. Le connotazioni autoritarie del nome sono poco rassicuranti se si tiene conto dell'influenza di Nippon Kaigi, movimento politico ultra nazionalistico che auspica il ritorno alla potenza dell'Impero nipponico. Una lobby di estrema destra che guarda a fare di nuovo del Giappone una potenza dominante nell'Asia-Pacifico. In un certo senso, Abe usa a proprio modo la metafora del fiore di prugno per fare appello alla coesione sociale del popolo giapponese e portare a termine il suo programma di riforme, programma che vede in primo piano la vecchia questione della modifica dell'Articolo 9 della Costituzione pacifista. La Costituzione imposta dagli americani al Giappone uscito sconfitto dalla Seconda Guerra Mondiale che vieta formalmente a Tokyo di dotarsi di forze armate. Il Giappone prosegue lungo la strada che ha già portato a un potenziamento delle linee di difesa nazionale. Di recente, Tokyo ha deciso di dotarsi di navi portaerei e il governo ha previsto l'acquisto di 87 jet da guerra in aggiunta alla sua flotta di F-35. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino