«Non c'è stata una sufficiente ridistribuzione dei migranti. È una mia valutazione, ma credo che ci siano sufficienti condizioni per aprire procedure...
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Nell'Europa a due velocità che sta nascendo, noi che da parte stiamo?
«Non vedo Europe a due velocità. Sono in corso incontri preparatori in prospettiva del vertice di Bratislava. Ieri a Ventotene, come a Berlino dopo la vittoria della Brexit al referendum inglese, i leader dei tre Paesi storici dell'Europa si sono visti per parlare del futuro dell'Unione. Soprattutto abbiamo tre leader che si assumono responsabilità particolari in un momento particolare».
Si profila un direttorio?
«No. Già oggi l'Europa è molta differenziata: per la moneta, in termini di immigrazione o in base all'adesione a Schengen. Renzi, Merkel e Hollande si vedono in una logica inclusiva: tutti coloro che lo vogliono devono partecipare al rilancio europeo, ma contemporaneamente chi non vuole o non può assumersi le stesse responsabilità, non può nemmeno bloccare le riforme in atto».
Ricorda quando al vertice di Nizza del 2011 Merkel e Sarkozy ridevano dell'Italia?
«Sbagliavano. E sbagliava chi in Italia sembrava esserne sossisfatto. Ciò detto oggi non siamo più il grande malato d'Europa dell'era Berlusconi né il sorvegliato speciale degli anni di Monti. Se oggi i leader europei vengono in Italia invitati da Matteo Renzi, è perché ci siamo conquistati una forte credibilità grazie alle riforme e alla volontà di proseguire questo percorso. Anche in questa chiave la vittoria del sì al referendum costituzionale di novembre ci darà molta forza in un'Europa nella quale l'Italia è tornata a far sentire la sua leadership».
L'intervista completa sul Mattino in edicola o in edizione digital Leggi l'articolo completo su
Il Mattino