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A settembre, se la campagna vaccinale non avrà frenato la diffusione del virus e delle sue varianti, il Green pass potrebbe essere esteso al mondo del lavoro. Dopo gli insegnanti e il personale di scuola e università, infatti, il governo sta valutando se utilizzare il Qr code per i lavoratori di quei settori dove da ieri è obbligatorio per i clienti. E per entrare in ufficio o in azienda. Ma i sindacati, mentre Confindustria spinge, chiedono una legge. Cgil, Cisl e Uil ritengono insufficiente un eventuale accordo tra le parti sociali per adottare il lasciapassare verde.
Il tema è stato affrontato in un lungo incontro tra i ministri Roberto Speranza (Salute), Andrea Orlando (Lavoro), i sindacati e le associazioni di categoria. Al termine del vertice, dove è stato spiegato dai due ministri che fin da ora il Green pass è necessario per accedere alle mense aziendali, è filtrato che «è ancora presto» per prendere una decisione, in quanto le «posizioni restano abbastanza distanti». Insomma, l’accordo resta lontano. «Ma a settembre, se la situazione epidemiologica lo richiederà, di sicuro qualcosa si farà. Più si usa il Green pass, meglio è», dice un’alta fonte di governo che segue il dossier. «Qualunque decisione sarà frutto del dialogo», rassicura Orlando.
Pier Paolo Sileri, sottosegretario M5S alla Salute, è più cauto. Ma la posizione non è molto diversa da quella di Speranza e Orlando, pur se improntata all’ottimismo: «Il Green pass sui luoghi di lavoro non è qualcosa a cui si deve arrivare per forza.
Sulla stessa linea è naturalmente l’altro sottosegretario grillino alla Salute, Andrea Costa, che nega l’incongruenza tra clienti dei locali al chiuso con il Green pass e gestori e camerieri senza: «C’è una netta distinzione tra gli avventori e il ristoratore o il barista. Se facciamo una riflessione un pochino più approfondita, è chiaro che se il ristoratore e il cameriere rispettano le regole previste, operano con i dispositivi di sicurezza e indossano la mascherina. Chi invece sta seduto al tavolo a consumare un pasto ovviamente non può indossarla. Ci sono quindi atteggiamenti e comportamenti diversi. È questo il senso della distinzione».
Nell’incontro con le parti sociali non si è parlato solo di Green pass. È stato convenuto che i protocolli di sicurezza in azienda «hanno funzionato» e che dunque «non verranno modificati». Inoltre, Orlando e Speranza si sono impegnati a fare pressione sui governatori regionali - con una lettera al presidente Massimiliano Fedriga - per spingerli a togliere i tetti (prima erano di mille, poi di 500) al numero dei lavoratori presenti nelle sedi aziendali per poter realizzare i punti vaccinali.
«Bisogna ricordare alle aziende che il protocollo sulla sicurezza andrebbe applicato anche se fosse emanato un provvedimento per utilizzare il Green pass al loro interno: le aziende non possono pensare di risparmiare sui costi per la sicurezza», ha avvertito durante l’incontro il segretario generale Uil, Pier Paolo Bombardieri. E Maurizio Landini, leader della Cgil: «Il Qr code non può servire né per licenziare le persone, né per demansionarle, né per ridurre lo stipendio». E soprattutto i sindacati pongono la questione di chi debba sostenere il costo dei tamponi per i lavoratori che non intendono vaccinarsi.
A favore dell’estensione del lasciapassare verde sui luoghi di lavoro, oltre a Confindustria, si sono schierate la Cna, le Coop, la Confcommercio e la Confesercenti, «ma con gradualità, senza scaricare pesi eccessivi sulle spalle delle imprese. A cominciare dai controlli».
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