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In attesa del decreto che introduce l’elenco dei luoghi in cui sarà indispensabile il Green pass, chi si è vaccinato oppure è guarito dal Covid in questi giorni è alle prese con codici che faticano ad arrivare e applicazioni che non riconoscono alcuni dati. Ieri mattina alle 7, come ha riferito il ministro della Salute Roberto Speranza rispondendo al Question time al Senato, «sono stati scaricati 41,3 milioni di Green pass. Un dato significativo e una svolta digitale per il Paese».
Ma sono ancora tante le persone che non riescono ad ottenerlo. Per avere assistenza tecnica si può chiamare al 800912491 (dalle 8 alle 20) o scrivere a cittadini@dgc.gov.it. Per informazioni, invece, c’è il numero utilità 1500 (attivo 24 su 24). Ma dopo le richieste di aiuto e tanto tempo in attesa, alla fine si scopre che dietro ai ritardi e agli intoppi il problema spesso è sempre lo stesso: o mancano alcuni dati, oppure sono inseriti in modo non corretto. E così la palla passa poi ai medici di famiglia.
Ottenere la certificazione per i guariti di covid non è semplice. «Se il certificato di isolamento e di guarigione l’abbiamo fatto noi - spiega Pina Onotri, segretario generale del sindacato dei medici italiani - per superare il problema inseriamo i dati sul sistema e così è possibile scaricare il Green pass».
Seconda dose fatta fuori regione
Se si completa il ciclo vaccinale in un’altra regione bisogna mettere in conto di dover comunicare, al rientro, alla propria Asl di residenza i dati della seconda dose del vaccino. Spesso infatti le Regioni non condividono questo tipo di informazioni. «Ma può capitare anche che ci sia un disallineamento delle piattaforme che non comunicano tra di loro anche all’interno della stessa regione - precisa Onotri - Per esempio, abbiamo inserito sulle piattaforme Lazio Advice i dati dei pazienti guariti, ma visto che le piattaforme non si interfacciano con il sistema della tessera sanitaria, anche in questo caso dobbiamo fare di nuovo l’inserimento».
Guariti all’estero e stranieri vaccinati Italia
Stessa trafila per chi invece si è ammalato all’estero e ha un certificato di avvenuta guarigione rilasciato in un altro Paese. «Anche in questo caso - sottolinea Onotri - ho dovuto fare l’inserimento del primo tampone positivo e negativo e quello della validità del passaporto». C’è poi la questione delle persone straniere che hanno codici fiscali numerici. «Se a queste persone fai il vaccino e cerchi poi di registrarlo, la piattaforma non riconosce il codice. E quindi dobbiamo rilasciare solo un certificato di avvenuta somministrazione».
I vaccinati con Sputnik e Reithera
Ci sono poi i cosiddetti casi particolari, di persone vaccinate per esempio all’estero con lo Sputnik, non autorizzato da Ema, e non sanno come fare per ottenere il Green pass. Nei prossimi giorni, il governo dovrebbe stabilire le modalità. L’ipotesi più semplice che si sta valutando, come ha spiegato il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, «è quella di riconoscere lo Sputnik al pari dei vaccini ricompresi nell’elenco dell’Oms, e quindi procedere al rilascio del Green pass a quanti siano stati immunizzati con questo vaccino». Sono in attesa di Green pass, inoltre, i volontari che hanno partecipato alla sperimentazione del vaccino Reithera. Anche in questo caso, si sta pensando di concedere la certificazione ma solo dopo aver verificato la presenza degli anticorpi.
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Il Mattino