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Pochi, oberati di pratiche e fascicoli e, comunque, vincolati agli orari di ufficio per svolgere l’attività di verifica. Sono i componenti del mini-esercito dei medici legali Inps incaricati di svolgere verifiche e accertamenti sulle assenze denunciate per malattia dai dipendenti che, senza green pass e senza tampone, si danno alla macchia e non si presentano al lavoro. La pattuglia prevede l’utilizzo di 311 camici bianchi in tutta Italia incaricati di accertare dal punto di vista medico-legale la congruità dei certificati di malattia e le istanze di astensione dal lavoro per motivi di salute. La ripartizione è su base regionale ma la gestione è centralizzata ed è controllata dal Coordinamento generale medico-legale Inps (in organico 25 unità): tra i suoi compiti, il supporto tecnico a tutta l’attività medico-legale inerente gli organi dell’Istituto sia a livello centrale che periferico, «con particolare attenzione all’omogeneizzazione procedurale, esaminando, rielaborando e gestendo ogni problematica di competenza in relazione alle prestazioni e agli interventi di sostegno al reddito».
Tuttavia i medici deputati a questo servizio non devono soltanto controllare se il dipendente senza green pass e senza tampone sia stato o meno uccel di bosco; le loro mansioni di verifica abbracciano una gamma vastissima di patologie legate alla sfera lavorativa che vanno dai casi di invalidità temporanea o permanente, all’insorgenza di malattie usuranti (molto spesso casi di sordo-cecità) fino alla fibrosi cistica. E, da questo punto di vista, anche la “geografia” del Paese non aiuta: in Lombardia ce ne sono 24 (10 solo per Milano), nel Lazio 48 (ma soltanto Roma ne assorbe 43), in Campania 55 (di cui 36 a uso esclusivo per l’area di Napoli), poi 21 in Puglia, 20 in Calabria, 17 in Sicilia, 11 in Piemonte ma, purtroppo, soltanto 2 in Molise e 4 in Basilicata mentre Regioni ad alto tasso produttivo come Veneto e Friuli ne hanno rispettivamente 14 e 5. Ecco perché l’Inps ha pensato di bandire un concorso per ulteriori 189 posti di medicina legale ma il bando porta la data del 10 ottobre e le procedure, se tutto va bene, non si concluderanno prima di maggio 2022. Né si può fare del tutto affidamento su un manipolo di «riservisti»: 1500 medici in convenzione (a ore) che di solito vengono chiamati per sopperire a carenze di organico o a supporto in situazioni di emergenza per l’elevato volume di pratiche da smaltire dal momento che - giova ricordarlo - i professionisti incaricati delle verifiche svolgono questa attività secondo la normale turnazione di lavoro e nelle fasce orarie di reperibilità previste dalla legge che sono 10-12 e 17-19 per il settore privato e 9-13 e 15-18 per il pubblico.
Ecco anche perché l’istituto guidato da Pasquale Tridico ha pensato di agire invocando l’aiuto della tecnologia e stabilendo che le aziende con oltre 50 dipendenti avranno a disposizione un servizio di verifica del Green pass rapido.
Un problema nel problema è costituito poi da un folto gruppo di «medici inossidabili» che a loro volta si sono sottratti al vaccino e che sono incorsi in sanzioni da parte dei rispettivi organi collegiali. Su una platea complessiva di 460mila camici bianchi al 13 ottobre i medici non ancora vaccinati erano 1.264 in tutta Italia: nei loro confronti sono state adottate le procedure di sospensione. Un numero quasi raddoppiato in poco più di un mese visto che il 6 settembre la Fnomceo comunicava di aver ratificato 644 provvedimenti di sospensione nei confronti di altrettanti medici renitenti all’obbligo di vaccino. L’altro fronte polemico riguarda la riottosità degli stessi medici a dover provvedere a controlli e verifiche che riguardano i loro stessi colleghi. La denuncia arriva da Anaao-Assomed, il sindacato dei dirigenti medici: «Dal 15 ottobre, chirurghi, pediatri, internisti sono deputati a controllare i green pass dei loro colleghi. Che, peraltro, dovrebbero essere tutti, da tempo, vaccinati. E a redigere i relativi verbali».
«I medici devono fare i medici, non i controllori o i burocrati - ha detto il presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, Filippo Anelli - Più volte abbiamo evidenziato il disagio dei medici ospedalieri, tanto da sollevare la “questione medica”. I medici sono stremati da anni di carenze di organico, di blocco del turnover, di ferie e riposi negati. Su questo substrato è arrivato il Covid, aumentando ulteriormente i carichi di lavoro, e portando ad allungare le liste d’attesa per interventi e diagnosi delle altre patologie. Ora non possiamo pensare che altro tempo sia sottratto alle cure, per destinarlo a funzioni che non competono ai medici e che, in ogni caso, potrebbero essere semplificate».
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