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Per l’obbligo del Green pass nelle aziende, quindi, ormai è solo questione di giorni, un paio di settimane al massimo. Anche i sindacati, dopo le resistenze delle settimane scorse, sono d’accordo: purché sia introdotto con un decreto; si chiarisca bene che il costo dei tamponi per i lavoratori non vaccinati non sia a carico degli stessi; e purché il mancato lasciapassare non sia motivo di licenziamento. Paletti che Cgil Cisl e Uil hanno ribadito ieri ai vertici di Confindustria in un incontro che è servito a riannodare i fili di un dialogo che sembrava strappato.
Dopo le polemiche e i toni alti del mese di agosto, è stato proprio il leader dell’associazione di viale dell’Astronomia, Carlo Bonomi, a promuovere la riunione con Maurizio Landini, Luigi Sbarra e PierPaolo Bombardieri che si è protratta più del previsto e che ha affrontato anche altri temi caldi, come la riforma delle politiche attive e quella degli ammortizzatori sociali. Obiettivo: mettere da parte le accuse reciproche e tentare di fare fronte comune il più possibile per non ostacolare la ripresa economica che - una volta ingranata - porterà effetti positivi anche sull’occupazione. E alla fine è stata trovata la quadra: via libera sostanziale a una norma varata dal governo su Green Pass obbligatorio in fabbrica e negli uffici in attesa che venga introdotto l’obbligo vaccinale. Per dirla con le parole del segretario generale Cisl, Luigi Sbarra: «C’è una comune convergenza a chiedere al governo di procedere con un decreto».
Bonomi conferma: «Siamo stati dall’inizio per l’obbligo vaccinale, ma visto che la politica non sembra trovare una sintesi e noi abbiamo necessità di mettere in sicurezza i luoghi di lavoro, chiediamo che il governo decida per il Green pass obbligatorio». Magari sulle tracce di un accordo tra le parti in vista di un aggiornamento del Protocollo sulla sicurezza in vigore dall’inizio della pandemia. Il numero uno di Confindustria sottolinea anche un altro risultato importante dell’incontro da lui «fortemente voluto»: «Abbiamo fatto delle riflessioni importanti ed è l’inizio, spero e auspico, di un percorso da fare insieme nell’interesse di tutto il Paese».
Resta il nodo di chi paga i tamponi di chi non è vaccinato.
Intanto sindacati e imprese si metteranno al lavoro sul “miglioramento” dei protocolli sulla sicurezza. E a breve si terranno assemblee nei posti di lavoro aperte a medici, virologi ed esperti per convincere i lavoratori ni-vax a virare verso l’inoculazione del siero antivirus.
A dispetto delle previsioni, la riunione quindi ha portato a passi avanti significativi. Ed è probabile che un peso l’abbia avuto anche Palazzo Chigi. Non sembrerebbe solo una coincidenza temporale infatti l’incontro che il premier Draghi ha avuto nel pomeriggio a Palazzo Chigi, a un paio d’ore da quello fissato tra Confindustria e sindacati, con il numero uno Cgil Maurizio Landini. Oltre un’ora di confronto, durante la quale si è parlato - fanno sapere genericamente fonti del governo - delle prospettive economiche e dei temi del lavoro. Vaccini e Green Pass non sono citati, e Landini ha invitato il premier a un’iniziativa Cgil. Ma è assolutamente impossibile che i due non abbiano affrontato il tema. Sta di fatto che anche Landini al tavolo ha ammorbidito i toni.
A essere d’accordo con l’introduzione per legge dell’obbligo dei vaccini è anche la Confapi, che i sindacati hanno incontrato dopo essere usciti da Confindustria. «Il Governo assuma presto decisioni nella direzione dell‘obbligatorietà della vaccinazione così come suggerito anche dal Comitato Nazionale di Biosicurezza, Biotecnologie e Scienze della vita» è l’invito del presidente di Confapi Maurizio Casasco. L’associazione delle piccole e medie imprese «si farà promotrice e carico di ore di formazione specifica all’interno delle imprese, per rispondere alle domande e perplessità di chi non ha ancora avviato il percorso vaccinale».
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Il Mattino