Ucraina e Russia, a che punto siamo della guerra? Pace lontana e gli scenari. Putin, la ritirata sarebbe una sconfitta inaccettabile

Cosa succederà nel 2023, ora che siamo entrati nel secondo anno di guerra? Tutti gli scenari

Ucraina e Russia, a che punto siamo della guerra? Pace lontana, ma per Putin la ritirata sarebbe una sconfitta inaccettabile
La guerra in Ucraina entra nel suo secondo anno. Che succederà nel 2023? Il conflitto si concluderà sul campo di battaglia o al tavolo dei negoziati? Oppure non si...

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La guerra in Ucraina entra nel suo secondo anno. Che succederà nel 2023? Il conflitto si concluderà sul campo di battaglia o al tavolo dei negoziati? Oppure non si concluderà affatto e continuerà nel 2024? Alcuni dei massimi esperti mondiali di conflitti e crisi internazionali hanno espresso in questi giorni il loro parere.

Ogni invasione passata attraverso le steppe euroasiatiche, comprese quelle di Napoleone e di Hitler, si è fermata in inverno. Anche stavolta la primavera sarà decisiva. La Russia prepara una grande offensiva, Putin ha mobilitato più di 300.000 nuovi soldati, che sono stati addestrati nelle ultime settimane un po' meglio di chi li ha preceduti. Michael Clarke, direttore dello Strategic Studies Institute britannico, pensa che questa offensiva sarà il fattore determinante del 2023: non ci sarà spazio per nient'altro che la guerra, almeno fino a quando non sarà stato deciso il destino delle nuove forze russe inviate al fronte. Per questo Zelensky ha bisogno di molte armi e di aerei, e gli servono subito. 

Gli eserciti

Jeff McCausland, veterano della Guerra del Golfo e docente al Dickinson College in Pennsylvania, ricorda che se si chiedeva a un talebano perché combatteva, rispondeva: «Per la mia religione, il mio Paese e la mia casa». Se lo si chiedeva a un soldato dell'esercito afghano, diceva: «Perché mi pagano, se il comandante non ruba i soldi». L'ipotesi che l'esercito di Putin si arrenda non è dunque da scartare. Gli ucraini sono motivati dalla forza più grande che un soldato può avere: la difesa della propria patria, della famiglia e della casa. I soldati russi non sanno per che cosa combattono, e possono perdere facilmente la fiducia in un leader che se ne sta nascosto e si comporta come un despota. Il ritiro degli americani dal Vietnam e dei russi dall'Afghanistan furono causati non da una sconfitta sul campo, ma dalla fine dell'appoggio alla guerra in patria. La storia può ripetersi, come sempre.

 

 

Chi è il più forte?

Le sorti della guerra sono strettamente legate alla velocità con cui la Nato consegnerà a Kiev i carri armati, gli aerei e i missili a lungo raggio di cui ha bisogno. Secondo lo scienziato, analista ed esule russo Andrei Piontkovsky, firmatario nel 2010 del manifesto "Putin deve andarsene", l'Occidente è finalmente cresciuto fino a rendersi conto dell'entità della sfida storica che deve affrontare. Con le nuove armi, l'esercito ucraino trasformerà Melitopol nel punto di battaglia decisivo delle prossime settimane. Dopo averla liberata, gli ucraini arriveranno facilmente al Mare di Azov, tagliando le linee di comunicazione e approvvigionamento in Crimea.

 

 

La capitolazione russa a quel punto sarà inevitabile e i colloqui di pace per stabilizzare l'area potranno iniziare. Anche Ben Hodges, ex comandante generale dell'Esercito degli Stati Uniti in Europa, non ha dubbi sul fatto che gli ucraini vinceranno la guerra entro quest'anno. «La guerra è una prova di volontà e una prova di logistica. Quando vedo la determinazione del popolo e dei soldati e il rapido miglioramento della situazione logistica per l'Ucraina, non vedo altro risultato che una sconfitta russa». 

Il pantano senza fine

La pressione esterna sulla Russia, secondo Kateryna Pishchikova, ricercatrice dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, è un'arma a doppio taglio: può convincere il Cremlino a negoziare quanto può aumentare la posta in gioco e la volontà di Putin di impiegare tattiche più violente. «Se il Cremlino giudica un'ulteriore escalation troppo costosa, potrebbe vedere più benefici in un pantano prolungato che in un accordo di pace negoziato».

Bombardando da lontano, Putin ha causato secondo stime dell'Onu circa 18.000 vittime civili, ha danneggiato il 40% delle abitazioni e il 50% delle infrastrutture energetiche e ha costretto circa 16 milioni di ucraini a lasciare le loro case. La distruzione degli impianti industriali e i combattimenti hanno prodotto livelli disastrosi di inquinamento del suolo, dell'acqua e dell'aria. Putin può continuare così e fare anche lui, come diceva Tacito, un deserto che verrà chiamato pace. 

Il tavolo della trattativa

Pechino e Washington stanno provando a portare Putin e Zelensky a un tavolo della trattativa, operazione che nella situazione attuale è molto complessa. Zelensky non vuole cedere territorio, Putin ha invece bisogno di portare a casa un trofeo da esibire per non perdere la faccia. Secondo l'ambasciatore William B. Taylor, che ha assunto il ruolo di incaricato d'affari degli Stati Uniti in Ucraina, la ricerca della pace deve evitare di premiare l'aggressore, incoraggiando altri a emularlo. Deve anche evitare la trappola di consentire un nuovo assalto dando alla Russia il tempo di ricostruire le sue capacità. E non deve tradire il desiderio e la determinazione degli ucraini di garantire la loro sovranità, integrità territoriale e sicurezza. Bisognerà poi fare in modo che Stati Uniti e Nato «continuino a segnalare chiaramente alla Russia che può affrontare le proprie legittime preoccupazioni di sicurezza attraverso la diplomazia piuttosto che uccidendo». La cosa che bisognava fare prima che la guerra cominciasse.

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Il Mattino