Ucraina, Giulio Terzi di Sant'Agata e la trattativa di Guterres: «La strada è in salita ma è suo dovere trattare»

Ucraina, Giulio Terzi di Sant'Agata e la trattativa di Guterres: «La strada è in salita ma è suo dovere trattare»
«La porta è sbarrata». A Giulio Terzi di Sant'Agata già ministro degli Esteri e ambasciatore con incarichi negli Usa, presso la Nato e all'Onu...

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«La porta è sbarrata». A Giulio Terzi di Sant'Agata già ministro degli Esteri e ambasciatore con incarichi negli Usa, presso la Nato e all'Onu non preoccupa tanto che la missione di Antonio Guterres a Mosca e a Kiev sia stata immediatamente bocciata dal presidente ucraino Volodimir Zelensky perché come tappa iniziale, martedì, ha il Cremlino. Né, in fondo che le Nazioni unite con il viaggio del loro segretario generale si siano decise a intervenire direttamente, dopo la condanna, soltanto oggi, a due mesi dall'invasione russa. Terzi di Sant'Agata non è ottimista dal momento che prefigura l'esito degli incontri di Guterres: decisamente non incoraggiante.

Una missione tardiva e destinata all'insuccesso prima di partire?
«La visita di Antonio Guterres rientra nei mandati primari di un segretario generale delle Nazioni Unite. In una storia diplomatica ricca di enfasi e impegno che ha visto anche sacrifici drammatici come quello di Dag Hammarskjod, vittima di un attentato tra il 17 e il 18 settembre 1961 mentre provava a risolvere la crisi congolese. Gli varrà il premio Nobel per la Pace purtroppo postumo. Capisco le critiche, però quando si parla di ritardi nell'intervento dell'Onu nella vicenda ucraina occorre essere consapevoli dei limiti nel Consiglio di sicurezza con la presenza di Paesi che oppongono il loro veto: la Russia è uno di questi. Ma il fatto che il segretario generale abbia deciso di andare prima a Mosca e dopo a Kiev costituisce un gesto importante perché rientra in uno schema che riconosce a Vladimir Putin di avere il ruolo del protagonista nell'invasione. Guterres ha deciso di scontrarsi subito con chi ha compiuto un atto secondo il manuale nazista di aggressione, nonostante abbia firmato la Carta di Helsinki e sia un Paese con un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza dell'Onu, assieme agli Stati Uniti, alla Cina, alla Francia e al Regno Unito. L'obiettivo di Guterres è mettere un atto un piano per affrontare una grave emergenza umanitaria e fermare un'operazione di stampo genocidario».

Con quali possibilità di riuscita?
«Se Putin continua a rigettare la colpa di quanto sta accadendo sull'Ucraina, ribadendo questa tesi nei tentativi di mediazione finora imbastiti, temo che non verrà ottenuto alcun risultato utile».

Significa che la strada per ogni ipotesi di negoziazione è preclusa?
«Soltanto tre giorni fa, da un alto generale russo abbiamo appreso che Putin non intenderebbe fermarsi all'Ucraina e punterebbe alla Moldova. Cioè a un Paese che sta svolgendo un progressivo processo di integrazione con l'Unione europea. Insomma, staremo di fronte a un ultimatum di Mosca all'Europa. È un ulteriore segnale verso coloro che, fino allo scorso gennaio, avevano sottovalutato gli avvertimenti di Joe Biden e dell'intelligence Usa giudicandoli esagerati. Invece si è visto come è andata».

Vladimir Putin si è comunque affrettato di far arrivare i suoi auguri a Emmanuel Macron dopo la riconferma alla presidenza francese: un cenno di riapertura?
«Fa parte di un gioco. Macron aveva compiuto dei passi in direzione di Putin ricevendo in risposta un suo monologo. La Francia, per la scelta compiuta riguardo l'utilizzo dell'energia nucleare, è uno dei 13-14 Paesi meno bisognosi del gas russo, quindi un po' più libero della Germania. Vladimir Putin può avere la sensazione di aprirsi una breccia in Europa, ma non considera che dal 2017 fine alle ultime elezioni Emmanuel Macron ha gestito molto bene la questione russa. Se prima c'erano stati casi accertati di inferenze da parte di Mosca negli appuntamenti elettorali, con attacchi di hacker, troll infamanti e fake news, la creazione di una attrezzata agenzia di intelligence cibernetica ha risolto il problema garantendo sicurezza. Sul piano politico, poi, ha spuntato le armi di Marine Le Pen, in passato vicina a Putin tanto da maturare una posizione che si è rivelata un elemento importante nella sconfitta: la leader del Rassemblement National ha sùbito riconosciuto la vittoria di Macron, senza adombrare sospetti di sorta».

Volontà di potenza irrefrenabile della Russia, resistenza strenua dell'Ucraina. Che cosa bisogna attendersi, allora?
«Certamente non che lo zar muoia. Né che si possa immaginare una resa incondizionata. Se pure si dovesse, e ce lo auguriamo, giungere a una tregua, il conflitto sarà permanente: come in Nagorno Karabakh, Georgia o Transnistria. In aree di crisi, cioè, dove l'utilizzo della forza da parte di Putin è di lungo termine. Occorrerà saper convivere con una condizione del genere, contrapponendo una coalizione internazionale delle forze democratiche e organizzando una puntuale lotta alla disinformazione e una robusta attività di intelligence».

L'Italia potrebbe svolgere un ruolo in un possibile negoziato per una tregua?


«L'Italia ha tutte le carte per candidarsi a farlo. Ha una importante tradizione nei negoziati internazionali che ha prodotto una forte evoluzione in campo geopolitico. È un grande Paese europeo a livello globale. Ha le basi e le possibilità per ricoprire un ruolo decisivo: basterebbe affidarsi ed essere coerenti ai principi sanciti dalla Costituzione».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino