H&M boicottata in Cina per lo stop al cotone dello Xinjiang

H&M boicottata in Cina per lo stop al cotone dello Xinjiang
A Joe Biden sono bastati due mesi per riallineare i maggiori alleati occidentali contro la Cina, dopo il riavvicinamento tra Bruxelles e Pechino avvenuto nell'era Trump. Le...

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A Joe Biden sono bastati due mesi per riallineare i maggiori alleati occidentali contro la Cina, dopo il riavvicinamento tra Bruxelles e Pechino avvenuto nell'era Trump. Le relazioni tra la Repubblica Popolare e l'Occidente, in primo luogo l'Europa, sono ai minimi storici dopo una serie di giorni difficilissimi per la diplomazia e il commercio internazionale.

Lo scontro riguarda la violazione dei diritti umani nella regione semiautonoma dello Xinjiang, situata nella Cina nordoccidentale. Un tema su cui Bruxelles aveva tenuto fino a questo momento un occhio chiuso e che ora invece potrebbe mandare a monte la ratifica dell'accordo Cai, annunciato a dicembre scorso. L'accordo prometteva di agevolare gli investimenti cinesi in Europa e le aziende europee in Cina ma era stato molto criticato dalle organizzazioni che proteggono i diritti umani. Era stato già sottolineato che la ratifica da parte del Parlamento Europeo non era assolutamente scontata. Non a caso, le lunghe e sudate trattative si erano arenate proprio sul punto della violazione dei diritti umani degli uiguri nello Xinjiang. La Cina in settimana si è trovata sotto attacco da parte di Unione Europea, Regno Unito, Stati Uniti e Canada, che con un'azione diplomatica coordinata hanno annunciato sanzioni individuali contro ufficiali cinesi accusati della repressione degli uiguri. Sono le prime sanzioni europee contro la Cina nel campo dei diritti dall'embargo sulle armi imposto dopo il massacro di Piazza Tiananmen del 1989. Pechino ha di nuovo respinto le accuse di genocidio e lavoro forzato nello Xinjiang a danno delle minoranze musulmane. La reazione cinese, dura e sproporzionata, ha preso la forma di una serie di sanzioni indirizzate a ricercatori ed eurodeputati. C'era appena stato il primo vertice di alto livello tra Pechino e Washington ad Anchorage, in Alaska, un appuntamento che doveva solo servire ad avviare i rapporti tra la nuova Amministrazione Biden e la Cina di Xi Jinping e invece americani e cinesi non se le sono mandate a dire. 

Lo scontro sempre più duro sul lavoro forzato degli uiguri ha investito anche la moda. In Cina è iniziata una vasta campagna di boicottaggio diretta ad alcune aziende occidentali, come H&M. Il gigante svedese dell'abbigliamento a basso costo l'anno scorso aveva deciso di non acquistare più il cotone in arrivo dallo Xinjiang e di recidere i rapporti con le aziende tessili di quella regione perché si diceva preoccupato dalle informazioni e dai report che denunciavano il lavoro forzato e la discriminazione contro le minoranze etniche dello Xinjiang. 

La questione è tornata di attualità dopo che la Lega dei giovani comunisti cinesi mercoledì scorso ha diffuso su Weibo (il Twitter cinese) quella vecchia dichiarazione di H&M, scatenando un'onda di reazioni sui social network diretta a boicottarne i prodotti. Alimentata dal forte senso di patriottismo dei consumatori cinesi, la campagna ha avuto successo perché l'hashtag «io sostengo il cotone dello Xinjiang» è stato visualizzato cinque miliardi di volte. Molte celebrità cinesi hanno cancellato i contratti firmati con i marchi occidentali di cui erano testimonial, per esempio l'attrice Liu Yifei ha stracciato l'accordo con Adidas. I prodotti di H&M sono spariti dalle piattaforme di commercio online. Ma il boicottaggio ha investito anche altre aziende, come Nike e il marchio di lusso Burberry, dopo che avevano sostenuto posizioni simili sul lavoro forzato nello Xinjiang. La londinese Burberry, in qualità di membro della Better Cotton Initiative, organizzazione con sede in Svizzera che promuove standard migliori nell'agricoltura e nelle pratiche del cotone, aveva infatti affermato che non avrebbe più utilizzato materie prime provenienti dalla regione. E proprio la Better Cotton Initiative aveva sospeso la licenza al cotone dello Xinjiang a causa dei dubbi sul processo di produzione. In tutto questo, il portavoce ufficiale del Ministero degli Esteri di Pechino sui social accusa l’Occidente di ipocrisia, ricordando l’Olocausto e il massacro degli algerini da parte delle autorità francesi.

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Il Mattino