Junqueras, il «bravehart» della Catalogna con il cuore italiano

Oriol Junqueras, il presidente di Esquerra Republicana de Catalunya e vicepresidente del governo catalano
Madrid. Lui non ha dubbi: nonostante il divieto imposto dalla Corte costituzionale, il 1º ottobre “ci saranno le urne” per il  referendum...

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Madrid. Lui non ha dubbi: nonostante il divieto imposto dalla Corte costituzionale, il 1º ottobre “ci saranno le urne” per il  referendum sull’indipendenza della Catalogna e “saranno piene”. E la nuova Repubblica Catalana avrà spazio nella Ue perché “l’Unione ha finora accolto tutti i Paesi, come la Lituania o la Lituania, che si sono resi indipendenti”. Parliamo di Oriol Junqueras, 46 anni, vicepresidente e 'conseller' economico della Generalitat, che scalda i motori per diventare il primo presidente della Catalogna indipendente, anche se per ora esclude la sua candidatura. Ma non tutti sanno che il ‘Bravehart’ catalano, che considera la “pazienza” e la “temperanza” le sue maggiori virtù politiche, ha un’educazione italiana, profonde radici catto-comuniste e si è formato come storico contemporanei negli Archivi del Vaticano.


Più della sindaco di Barcellona, Ada Colau, e del leader di Podemos, Pablo Iglesias, che hanno fatto a loro tempo l’Erasmus rispettivamente a Milano e a Bologna, Junqueras è cresciuto e si è formato nell’idioma di Dante, dopo che le monache dell’asilo che frequentò da piccolo consigliarono ai suoi genitori – il papà cattedratico di Istituto, la madre infermiera – di iscriverlo al Liceo italiano di Barcellona. E anche ieri sera, intervistato da Ana Pastor e da una nutrita rappresentanza di spagnoli alla Sexta Tv, ha assicurato di sentirsi “più catalano che nessun altro”, ma anche “più andaluso di un cittadino di Jaen” e “anche parecchio italiano”. Un’identità, quella nostrana, che di certo si riflette nella “finezza” con la quale Junqueras schiva domande imbarazzanti, come quella di una guardia civile, che gli ha chiesto: «Con quale autorità imporrete in Catalogna la nuova legalità, se avete calpestato le leggi dello Stato spagnolo?». Profondo amante e conoscitore della cultura italiana, si propone come un patriarca colto e tranquillo, che accompagna con fermezza il suo popolo “verso un progetto di futuro”.  Poco importa se, pur essendo uno storico, debba buttare a mare un passato fatto di sofferenze e dura riedificazione di un paese, come la Spagna, teatro di una Guerra Civile, di una dittatura e di una transizione alla democrazia, sancita nelal Costituzione del 1978.

Mite nei modi, determinato nelle granitiche convinzioni, Junqueras è laureato in Storia all’Università Autonoma di Barcellona, è dottore in Storia del Pensiero Economico e dal 2011 fino a poco tempo fa sindaco di San Vicente dels Horts, comune della cintura metropolitana di Barcellona, dove otto residenti su dieci sono immigrati da altre regioni della Spagna: quelli che hanno fatta grande la Catalogna, la colonna vertebrale che produce il 20% del Pil iberico.

Eletto nelle file di Esquerra Repubblicana de Catalunya come indipendente nelle eleizoni europee del 2009, Oriol Junqueras è stato fra i promotori della piattaforma indipendentista ‘Sobirania i Progres’. E, nonostante a suo tempo si sia pronunciato pubblicamente contro la costituzione europea, si dichiara oggi europeista convinto. Giura che una Catalogna indipendente «resterà in Europa, come tutti gli altri paesi, dalla Lettonia alla Lutuania, che si sono resi indipendenti e sono stati immediatamente riconosciuti dalla Ue».  


Autore di numerosi libri e documentari di storia, ha scritto la sua tesi dottorale nel 2002 sul pensiero economico della Catalogna dell’Alta Età Moderna (1520-1630). E messo il suo sapere al servizio dello Stato futuro: da vicepresidente e ‘conseller’ per l’Economia della Generalitat, ha avviato le “strutture dello Stato”, le chiavi di volta per la futura Repubblica Catalana, come la creazione di un Fisco e di una Previdenza sociale propri. Ha messo la sua firma sul decreto di convocazione del referendum secessionista e sulla legge di ‘transitorietà’, che dovrà governare la Catalogna nella transizione alla Repubblica, la legge di ‘rottura’ che la Corte costituzionale ha bollato come incostituzionale e illegale. Nonostante l’aspetto mite da prete laico, è l’uomo del pensiero-forte della Catalogna post-spagnola, anche se in passato con la sua abituale ironia si è paragonato al conservatore David Cameron, facendo appello alla “moderazione” del suo partito. Cameron ha lasciato in eredità la Brexit. Riuscirà Junqueras nell’anelata Catalexit?
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Il Mattino