Nove persone tra i leader che nel 2014 guidarono la protesta degli ombrelli a Hong Kong si sono dichiarate innocenti all'avvio dell'udienza del processo a loro carico. Tra...
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Almeno un centinaio di persone si sono radunate lunedì 19 novembre davanti all'ingresso del West Kowloon Magistrates' Courts per dare il proprio supporto agli imputati, per chiedere maggiore democrazia e la fine di quella che a tutti gli effetti è una forma di “persecuzione politica” da parte del governo cinese. I manifestanti hanno agitato gli ombrelli gialli diventati il simbolo della protesta perché nel 2014 proprio gli ombrelli furono usati da chi protestava per difendersi dagli attacchi della polizia.
Il timore degli abitanti di Hong Kong è che Pechino pretenda dalla corte sentenze severe per impedire che scoppino altre proteste. L'interferenza del governo centrale sta minando l'autonomia e la libertà di espressione dell'ex colonia britannica compromettendo di conseguenza anche il ruolo di Hong Kong quale capitale della finanza globale. I leader del Partito Comunista Cinese si sono mostrati particolarmente insofferenti alle richieste di maggiore libertà di Hong Kong, passata alla Cina nel 1997 secondo la formula “un Paese, due sistemi” che avrebbe dovuto garantire l'autonomia, e hanno da poco messo al bando un partito che si batteva per l'indipendenza dalla Cina. Le autorità hanno impedito a numerosi attivisti di presentarsi alle elezioni e hanno escluso sei politici dell'opposizione dall'assemblea legislativa. Insieme ai fondatori del movimento verranno processati altri 6 attivisti, tra cui due politici, su cui grava l'accusa di disturbo della quiete pubblica.
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Il Mattino