Il paso doble del premier e il dovere delle riforme

Il paso doble del premier e il dovere delle riforme
Un paso doble improvviso ma non inatteso, 665 voti nell'urna, che sono quasi un plebiscito, ed ecco il miracolo. Adagiando Mattarella sul Colle, Renzi in una sola mossa ha...

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Un paso doble improvviso ma non inatteso, 665 voti nell'urna, che sono quasi un plebiscito, ed ecco il miracolo. Adagiando Mattarella sul Colle, Renzi in una sola mossa ha «smacchiato il giaguaro» e ha «chiuso la ditta». Ha domato il Cavaliere in maniera definitiva e ha azzerato la residua ipoteca postcomunista sulle istituzioni. È riuscito in un'impresa che più generazioni di leader della sinistra hanno sognato negli ultimi vent'anni senza mai portare a segno. Ma, perché il suo capolavoro di tattica si traduca in una strategia politica di respiro, il premier deve evitare che l'asse della maggioranza si sposti a sinistra e che il cammino delle riforme si fermi. Perciò il difficile viene adesso.


La democrazia italiana s'è mossa, in pochi giorni, di molti anni. L'elezione di Mattarella combacia, come una faccia sovrapposta, con l'esclusione di tutti gli ex segretari diessini. Cancella l'anomalia italiana per cui, dopo la caduta del muro di Berlino e a differenza di ciò che accadde negli altri Paesi europei, gli sconfitti della storia continuarono a sentirsi, e in parte ad essere, egemoni a sinistra. Sta qui il valore simbolico della mossa di Renzi: il compattamento della minoranza Pd coincide con il superamento della sua identità.

La transizione ideologica è compiuta. Al pari di quella politica. Perché lo sgambetto a un Cavaliere convalescente non prova solo l'inevitabile dose di cinismo di una leadership che s'impone a un'altra, ma smaschera anche gli ultimi fantasmi della vecchia sinistra. A chi storceva il naso indignato sugli incontri del Nazareno, Renzi ha dimostrato che, dialogando con l'avversario, ha scavalcato di slancio il muro contro cui per vent'anni i suoi predecessori hanno sbattuto la faccia. L'archiviazione dell'antiberlusconismo è anche l'archiviazione di Berlusconi. Il premier ha insegnato alla sinistra che la pretesa ed esibita intransigenza di marca berlingueriana era un totem di cartone. Perché con gli avversari, e talvolta anche con i nemici, si tratta.

Renzi ora non dimentichi che con i vinti non si stravince.



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