«I rischi di infiltrazione sono sempre alti. I guadagni dei clan cominciano dal calcestruzzo scadente. La ricostruzione post terremoto è storicamente il boccone...
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«Dietro quelle migliaia di morti c'erano la selvaggia cementificazione e gli affari dei clan: all'inizio individuammo i Nuvoletta», ricorda Roberti, giudice istruttore a Sant'Angelo dei Lombardi all'epoca del terremoto dell'Irpinia del 1980. «Senza voler minimamente affrettare giudizi, vedo che anche qui nel 2016 sono tanti gli edifici sbriciolati, anche pubblici. Troppi. L'esperienza e le acquisizioni scientifiche e giudiziarie ci dicono che se una casa è costruita bene, se sono state rispettate le norme antisismiche, di fronte a un evento drammatico quel corpo di fabbrica può lesionarsi, incrinarsi, ma non può polverizzarsi e implodere. Ecco perché, senza azzardare previsioni, immagino ci sia molto da approfondire». Nell'indagine sulla ricostruzione post-terremoto, da pm a Napoli, «ritrovammo le stesse magagne, gli stessi imbrogli. Addirittura imparammo a distinguere il calcestruzzo 'gettatò da quello 'pompatò. Le imprese legate ai clan di camorra impiegavano il primo, più scadente e meno sicuro, ma registravano di aver usato il secondo, più sicuro e compatto», racconta Roberti.
Nell'intervista il procuratore spiega perché ha detto che «non basta l'Anac»: «L'Anticorruzione fa bene il suo lavoro di prevenzione della corruzione, nella acquisizione e gestione degli appalti, mentre la procura nazionale svolge il suo monitoraggio sugli eventuali collegamenti mafiosi delle imprese che concorrono agli appalti». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino