Con voto a sorpresa l'Aula del Senato dice no alla proposta della Giunta per le Immunità e salva la senatrice M5S Paola Taverna che invece era stata dichiarata ...
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Durante la Giunta la senatrice pentastellata aveva chiesto ai colleghi di votare come tutte le altre volte, ovvero per l'immunità, senza creare precedenti. E dunque i senatori si erano chiesti: vuole l'insindacabilità sì o no? La chiede ma non la chiede? La senatrice, «nel ribadire di non avere alcuna volontà di condizionare l'attività istituzionale della Giunta - si legge nel resoconto del relatore Giovanardi - precisa che nella sua precedente memoria difensiva non ha inteso chiedere di deliberare l'insindacabilità delle proprie affermazioni oggetto di indagine, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione».
E aveva citato la posizione del Movimento 5 Stelle volta a «non chiedere l'applicazione dell'art. 68 della Costituzione a tutela dei propri componenti». Tuttavia, spiegava la Pasionaria pentastellata non è che perché non la vuole non gliela si debba concedere: «Su questi fatti la Giunta è chiamata a pronunciarsi secondo diritto e coerentemente con i propri principi e la propria precedente azione nel rispetto dell'uniformità dei criteri decisionali e dell'imparzialità della propria azione al fine di assicurare agli esponenti di tutte le rappresentanze politiche parità di trattamento e di azione altrimenti esponendosi essa stessa a censura». Coerentemente con le proprie precedenti azioni, questa la formula che invita i colleghi a fare come hanno sempre fatto. Il senatore Pagliari (Pd) aveva chiesto un chiarimento maggiore per capire se la collega intendesse avvalersi o no dell'insindacabilità, sì la stessa che ha protetto il vicepresidente della Camera Di Maio querelato da una giornalista.
E alla fine la senatrice Taverna l'ha spuntata e non andrà a processo per le frasi scritte sull'ex sindaco di Roma Ignazio Marino che quest'ultimo aveva trovato diffamanti perché c'erano troppi accostamenti con l'indagine di Mafia Capitale. Per Taverna era una mera denuncia politica. Era un post su Facebook pubblicato il 2 aprile 2017, dal seguente titolo: «Di Renzi, Marino, Poletti, canta... Buzzi!». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino