Candidarsi in Parlamento costa trentamila euro. Non solo per Forza Italia, ma anche sulla sponda del Pd. È questa la cifra da versare al momento dell’accettazione....
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La novità introdotta da Forza Italia è il pagamento del pesante «obolo» anche da parte di un terzo soggetto, che diventa di fatto sponsor della campagna elettorale del relativo candidato. La domanda che in tanti si pongono è: l’imprenditore pronto ad aiutare con proprie risorse, potrà detrarle fiscalmente, ma politicamente eserciterà pressioni sull’eletto? «Io sottoscritto in virtù dell’accettazione della mia candidatura per l’inserimento nelle liste dei candidati di Forza Italia mi impegno ad aderire al movimento, dichiaro di condividere il programma, di aderire una volta eletto al gruppo parlamentare di Forza Italia e versare la somma che ritengo congrua ed equa di 30.000 euro come contributo per l’attività politica ed elettorale ed in servizi offerti durante la campagna elettorale», si legge nella lettera.
Gli azzurri devono inoltre impegnarsi a versare 900 euro al mese per cinque anni come contributo al partito. Da aggiungere, però, che gli eletti Pd versano anche 1.500 euro al mese per la sopravvivenza del partito più una quota al regionale e provinciale di appartenenza: da qui la polemica del tesoriere Francesco Bonifazi con morosi eccellenti come il presidente del Senato Pietro Grasso nuovo leader di Liberi e Uguali.
A calmierare i costi ci sono però i tetti di spesa previsti dalla legge. Per i singoli candidati il limite è di 52mila euro per ogni circoscrizione o collegio (più un’aggiunta di 0,01 euro per ogni residente nelle circoscrizioni o collegi in cui il candidato si presenta). Considerando che alla Camera un collegio uninominale ha in media 250mila abitanti (500mila al Senato) e un milione quello plurinominale (2 milioni al Senato), i tetti di spesa per gli aspiranti deputati si aggirano attorno ai 54.500 euro nell’uninominale e 62mila euro nei collegi plurinominali; per i senatori rispettivamente 57mila euro nell’uninominale e 72mila euro nei collegi plurinominali. Quanto ai partiti, possono spendere un euro per ogni iscritto nelle liste elettorali delle circoscrizioni o collegi in cui presenta le proprie candidature.
Il Rosatellum prevede collegi dalla dimensione decisamente superiore al Mattarellum tornato in vigore dopo la bocciatura dell’Italicum, il che comporta uno sforzo del candidato lungo un perimetro ben più ampio: deve correre di più, insomma, anche se il proporzionale gli fa da paracadute e teoricamente potrebbe starsene a casa. All’uninominale invece si vince per un voto in più rispetto agli avversari: il rischio di perdere soldi e seggio è maggiore. Va detto che si pagheranno quindi 30mila euro, ma la legge elettorale invita a fare squadra: chi «tira» all’uninominale dovrebbe trascinare di fatto i colleghi al proporzionale, almeno il capolista. Sarà quindi possibile e naturale fare manifestazioni di gruppo e abbattere gli altri costi, al netto del contributo al partito, da sostenere tra benzina per l’auto, caffè da offrire, collaboratori da pagare. All’interno della coalizione invece la concorrenza tra i singoli partiti sarà inevitabile. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino