Irritazione in Procura a Roma. È lo stato d'animo successivo alla pubblicazione dell'intercettazione tra Matteo Renzi e il padre Tiziano, la condizione psicologica...
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Eccole le due città, eccoli i due Palazzi, i due uffici inquirenti. Ora fanno i conti con la richiesta di chiarezza del Ministero della Giustizia, che due giorni fa ha allertato i suoi uffici interni per ottenere un report dettagliato su cosa o chi ha provocato l'ennesima fuga di notizie sul caso Consip. Non è una ispezione, ma una richiesta di chiarimenti.
In sintesi, la caccia alla talpa è iniziata e da via Arenula sono in via di definizione i contatti con le due Procure generali di Napoli e Roma per acquisire informazioni. Facile immaginare cosa accadrà nei prossimi giorni: il pallino finisce nelle mani dei procuratori Giuseppe Pignatone e Nunzio Fragliasso, che dovranno comporre una relazione sulla storia di un'intercettazione captata dal Noe, nata e autorizzata a Napoli, trasmessa a Roma, dove non è stata utilizzata in quanto ritenuta irrilevante da un punto di vista penale, fino alla discovery di due giorni fa grazie a uno scoop del Fatto quotidiano.
Tocca ai due capi degli uffici inquirenti dunque riscrivere la storia di una fuga di notizie (o di uno scoop, a seconda dei punti di vista), che vede al momento un solo capro espiatorio: da ieri si è infatti appreso che la Procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati il giornalista Marco Lillo (per violazione del segreto d'ufficio, contro ignoti, e arbitraria pubblicazione di atti di un procedimento penale), che ha anticipato sul Fatto quotidiano uno stralcio del libro «Di padre in figlio», in cui viene riportata la telefonata del due marzo. Indagine per violazione di atti coperti da segreto istruttorio, facile immaginare che il target punti decisamente in alto.
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Il Mattino