Decidere presto, senza inutili lungaggini e attese. È la prima indicazione che il presidente della Consulta, Paolo Grossi, ha dato ai dodici colleghi per la giornata di...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Con la sua sentenza, la Consulta non si pronuncerà soltanto sul merito dell'Italicum, ma deciderà di fatto sulle sorti della legislatura. Se la decisione degli alti togati darà una legge elettorale immediatamente autoapplicativa, tutto sarà pronto per andare alle urne come chiedono da tempo il M5S, la Lega e buona parte del Pd renziano.
«Se il maggior partito di maggioranza, il maggior partito di opposizione più altri chiedono le urne, non c'è Mattarella che tenga, non ce n'è per nessuno», ragionavano l'altro giorno alla Camera alcuni deputati del Pd assieme al grillino Di Battista che li incalzava, «allora, le chiedete ste elezioni o no, mi sembrate un po' seduti», punzecchiava il pentastellato.
Se, al contrario, non verrà fuori una legge immediatamente applicabile, allora si aprirà la litania del Parlamento che deve legiferare per mettere su una legge elettorale e, per giunta, per renderla «omogenea» con quella del Senato, il Consultellum, a base proporzionale. Ma anche qui, i dubbi prevalgono sulle certezze: «Ma ve lo immaginate questo Parlamento che riesce a varare una legge dopo che per dieci anni non è riuscito, o non ha voluto, cambiare il Porcellum?», dicono dalle parti del Pd e non solo. Già comunque Beppe Grillo chiede invoca pretende elezioni subito dopo la sentenza, «si vada a votare con il Legalicum, la legge che scaturirà dalla sentenza della Corte», spiega, aggiungendo che il M5S «è sempre stato contrario all'Italicum», salvo averne chiesto l'estensione anche al Senato neanche qualche settimana fa.
Lo stesso chiede Salvini per la Lega, lo stesso la Meloni, mentre Berlusconi è per tempi più lunghi e vuole il proporzionale, «devono essere le Camere a legiferare in materia, non la Consulta», ammonisce il capogruppo Brunetta.
Quali i punti più controversi? Il ballottaggio, in primis, ormai trattato come un caro estinto, dato per morto e sepolto. Rimarrebbe il premio, da attribuire a un turno, ma solo se si raggiunge il 40 per cento, altrimenti distribuzione proporzionale dei seggi. Anche i capilista bloccati vengono considerati in pre-agonia, in linea con il precedente pronunciamento della Corte sul Porcellum. Quanto alle pluricandidature, resterebbero, un leader si potrà presentare in più collegi, ma non potrà optare, verrebbe automaticamente eletto laddove ha riportato più voti.
Leggi l'articolo completo su
Il Mattino