Italicum, lunedì voto finale. Renzi: manca democrazia? abbiamo fatto sette voti

Italicum, lunedì voto finale. Renzi: manca democrazia? abbiamo fatto sette voti
«Ancora non è finita, fino a che non si chiuderà aspettiamo prima di fare un bilancio». Lo dice il premier Matteo Renzi al Tg2 sull'Italicum. «La legge elettorale diventa...

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«Ancora non è finita, fino a che non si chiuderà aspettiamo prima di fare un bilancio». Lo dice il premier Matteo Renzi al Tg2 sull'Italicum. «La legge elettorale diventa un simbolo: per anni la classe politica è stata inconcludente. Se le cose vanno come spero, allora possiamo dire che abbiamo girato una pagina di una rilevanza pazzesca». «Sono in tanti a dire "manca la democrazia" e poi abbiamo fatto sette voti sulla legge elettorale soltanto in questa terza lettura», ha detto ancora Renzi parlando delle divisioni nel Pd.




Lunedì voto finale. Dopo aver incassato le tre fiducie sulla riforma elettorale, l'attenzione del Parlamento si sposta ora sul voto finale all'Italicum, che si terrà lunedì sera e che potrebbe svolgersi a scrutinio segreto, se lo chiederà Forza Italia; cosa che però potrebbe ritorcersi contro le opposizioni perché molti deputati in quel caso potrebbero votare a favore del provvedimento per paura di dover tornare a casa. Le opposizioni hanno anche annunciato l'intenzione di promuovere un referendum sull'Italicum, il che lascia intendere che considerino già approvata la legge e persa la battaglia parlamentare.



Alfano. «Non esistono leggi elettorali perfette ma l'Italicum lo votiamo perché assicura governabilità all'Italia», ha detto il ministro degli Interni Angelino Alfano, che ha aggiunto che con la nuova legge elettorale «il governo è più forte». Per Alfano l'Italicum «stabilisce subito chi è il vincitore e al tempo stesso dà voce a chi non vince per poter essere in parlamento a dare rappresentanza agli italiani che non hanno votato chi ha vinto». La fiducia invece «è stato il rimedio tecnico procedurale politico parlamentare alla scelta di usare il voto segreto. La nostra linea è sempre stata no voto segreto no fiducia dunque conseguentemente sì voto segreto sì fiducia».



Forza Italia attacca Alfano. «Oggi vorremmo tanto scrivere subito di Italicum, di questa violenza inflitta al Parlamento, che trova assai compiaciuto Renzi e i suoi comprimari. Invece no. Altro incombe e interessa più direttamente la vita comune. Ed è la violenza perpetrata contro Milano, i suoi cittadini e l'intera Italia da manipoli di criminali politici vezzeggiati da divi televisivi declinanti e da rapper apologeti della guerriglia urbana», scrive Il Mattinale, la nota politica dello staff del gruppo FI della Camera dei deputati. «Mentre il governo si occupa di mettere il guinzaglio alla sovranità popolare dirigendola dove vuole la volontà del Giovin Fiorentino con una legge elettorale alla Mussolini, fa specie che l'ultima dichiarazione del ministro dell'Interno Afano, prima dell'inaugurazione di Expo sia stata: "La fiducia sull'Italicum rafforza il governo". Forse sarebbe stato meglio se invece di esibire trionfalismo per la parata prepotente di Montecitorio, avesse dedicato, oltre che alla tutela della propria poltrona, identica premura alla difesa della città di Milano», prosegue Il Mattinale.



Lo scontro nel Pd. Sono stati 38 i deputati della minoranza del Pd, tra cui big come Enrico Letta, Pierluigi Bersani, Rosi Bindi e Roberto Speranza, a non aver votato la fiducia sulla legge elettorale. Il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini ha invitato a ricucire lo strappo. A spaventare non è tanto il voto finale lunedì prossimo bensì il prosieguo della riforma costituzionale del Senato, all'esame di Palazzo Madama, dove i bersaniani sono determinanti, vista la rottura con Fi.



Nella minoranza esponenti come Rosi Bindi, pur ribadendo il dissenso sull'Italicum, escludono scissioni o rotture traumatiche; ma altri come Alfredo D'Attorre o Pippo Civati spingono in questa direzione. Il primo ha parlato sprezzantemente di Renzi come di un «caudillo», mentre il secondo ha invitato a promuovere un referendum. Questo strumento è stato evocato anche dagli esponenti delle opposizioni, da Danilo Toninelli (M5s) ad Arturo Scotto (Sel) fino a Mara Carfagna (Fi).



La scelta di lanciare un referendum prima ancora del voto finale di lunedì ha colto in contropiede gli osservatori, dando l'idea che le opposizioni ritengano già persa la battaglia parlamentare. E in effetti anche oggi, dopo il primo voto di fiducia (i 193 «no» erano già in calo rispetto ai 207 di ieri) diversi deputati delle opposizioni sono partiti, spingendo i capigruppo a non partecipare alla seconda fiducia.



Sul voto finale pesa comunque l'incertezza dell'eventuale scrutinio segreto. Anche se tra i renziani questa eventualità spaventa fino ad un certo punto: il vice-capogruppo Ettore Rosato, ha detto che ai 38 dissidenti si potrà aggiungere una manciata di altri deputati della minoranza o dei partiti piccoli alleati, ma non tanti da scendere sotto i 316 voti (il punto in cui l'esecutivo ottiene la maggioranza dei voti a Montecitorio) anche perché si punta ai «franchi sostenitori», e cioè ai deputati delle opposizioni che nel segreto dell'urna voterebbero per l'Italicum. Cosa che è accaduto martedì quando le

pregiudiziali sono state respinte con il voto segreto con numeri più alti che non le successive fiducie a scrutinio palese.



In tale ottica lo scrutinio segreto imbarazzerebbe più Fi che lo ha già chiesto per le pregiudiziali: il voto palese obbligherebbe tutti i deputati delle opposizioni a rispettare le indicazioni ufficiali del gruppo, mentre il voto segreto potrebbe anche regalare consensi all'Italicum.



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Il Mattino