Stop Ius soli, manca il numero legale: con M5s e centristi assenti 29 dem

Stop Ius soli, manca il numero legale: con M5s e centristi assenti 29 dem
Non ci credeva nessuno. Non lo voleva nessuno. A parte il Pd, ma in realtà - sotto sotto - neanche tutto il Pd. Visto che tra i dem, in questi mesi, in molti ripetevano...

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Non ci credeva nessuno. Non lo voleva nessuno. A parte il Pd, ma in realtà - sotto sotto - neanche tutto il Pd. Visto che tra i dem, in questi mesi, in molti ripetevano scherzando amaramente: «Quanti voti perderemo alle prossime elezioni, se approviamo lo ius soli? Tutti o ce ne resterà qualcuno?». Ma non sono stati i 29 senatori del Pd assenti in aula ad affossare, prima ancora che partisse, questa legge a cui la sinistra tiene, almeno culturalmente. Le assenze dem non sono state determinanti, le assenze di tutti gli altri - a cominciare da quella dei grillini - invece hanno fatto mancare il numero legale e determinato lo stop di questa cosiddetta «riforma di civiltà» (il cui affondamento spinge l'Unicef a parlare di «pagina incivile» scritta dal Palazzo).


Ed è uno stop definitivo perché, al netto di clamorosi colpi di scena, le Camere saranno sciolte prima della fine del 2017 e il 9 gennaio, quando lo ius soli è stato calendarizzato in aula, la legislatura sarà già finita.
 
A chiedere la verifica del numero legale, ieri, è stato il leghista Roberto Calderoli, esponente di una Lega che, insieme a Forza Italia e a tutto il centrodestra, ora esulta per il naufragio della legge. E se il Pd per le assenze se la prende con il movimento 5 stelle, la sinistra di Liberi e Uguali punta il dito proprio contro i dem: «Ipocriti». Dunque, lo ius soli non c'è ma è tema da campagna elettorale nella guerra tra sinistra e sinistra. Inaugurando il comitato elettorale del suo partito a Palermo, il presidente Grasso ha detto: «Io la prima cosa che farò, quando tornerò in Parlamento, sarà presentare questo ddl per quegli 800 mila ragazzi e ragazze che hanno diritto di essere cittadini italiani». Lesame sullo ius soli è stato piazzato nell'ultimo scampolo della seduta di ieri mattina. Si parte con le questioni pregiudiziali (due), sulle quali intervengono i primi senatori. Poi Calderoli, mago dei trabocchetti d'aula, sottolineando come in vista dello scioglimento delle Camere il tempo per lesame non ci sia chiede la verifica del numero legale. I senatori presenti nell'emiciclo sono 116, il quorum richiesto è di 149. A spiccare sono soprattutto le sedie vuote dello spicchio del M5S e di quello dei centristi anche se, come sottolineano i seguaci di Grasso e Bersani, mancano pure una «trentina» di esponenti del Pd.


E fuori dall'aula scoppia subito la polemica. «Lo ius soli è morto e sepolto», esulta la Lega. Il forzista Maurizio Gasparri si dice «orgoglioso» per il fallimento del ddl. Il Pd se la prende con il M5S, e con il «loro opportunismo piccino e il loro apparato da partito leninista», infierisce Luigi Manconi. Il quale annuncia la fine del suo digiuno ma non del suo impegno per l'ok alla riforma. E #allorailPd (che ormai è una frase fatta, buona per ogni circostanza)? «Ci ha propinato non lo ius soli, ma lo ius sola», ironizza il senatore liberoeuguale Gotor. Di fatto, la legge non la si rivedrà mai più, se vince il centrodestra. O magari rispunterà con altre maggioranze, ma - c'è da giurarci - avrà di nuovo vita durissima. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino