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Kherson non era una città di frontiera. Lo è diventata da quando è iniziata l’aggressione dell’esercito di Putin. A una novantina di chilometri in linea d’aria da Mykolaiv e a 200 da Odessa, ormai lungo la costa sud è il primo (o l’ultimo a seconda del punto di osservazione) grande centro (290mila abitanti) finito sotto il controllo russo. Di fatto, se la situazione futura sarà una fotografia di quella attuale, Kherson sarà la città più a Ovest sotto il giogo di Mosca. Ed è proprio qui che è diventata più opprimente la russificazione voluta dal Cremlino. Con una strategia già vista in passato in Crimea, si stanno tagliando i legami con Kiev e si sta imponendo lo stile di vita russo.
Addio internet, quanto meno come utilizzato fino ad oggi. In tutta l’area da ieri sono saltate le comunicazioni in rete - mobile o fissa - come ha confermato al Kyev Indipendent un deputato del consiglio regionale, Serhiy Khlan. Per ora le cause del black out non sono ufficiali, ma appare evidente il doppio disegno: da una parte si punta a isolare la zona, a bloccare il flusso di informazioni che non passino al vaglio della propaganda russa; dall’altra si teme che l’obiettivo sia imporre il servizio di compagnie telefoniche fedeli al Cremlino. Va anche detto che i russi invece accusano gli ucraini di avere causato lo stop alla rete internet. Una analisi del Washington Post riporta la posizione del governo di Kiev: le connessioni internet e le reti di telefonia mobile sono interrotte in tutta la regione di Kherson, ma anche in parte di quella di Zaporizhzhia, si tratta di un atto deliberato «volto a lasciare gli ucraini senza accesso alle informazioni reali sugli sviluppi della guerra». Di fatto i collegamenti internet nelle prossime ore dall’area saranno possibili solo passando attraverso provider controllati dai russi. Lo stesso vale per le reti di telefonia mobile.
Ma la russificazione di Kherson si sta attuando anche con altri metodi e pure in questo caso si usano strumenti che si erano già visti a Est dell’Ucraina, quando i russi, dopo avere imposto con la forza il controllo delle città, hanno iniziato a versare a parte della popolazione delle sovvenzioni, ma in Rubli. Lo stesso sta avvenendo in maniera organizzata a Kherson, la città in cui, non a caso, Mosca aveva previsto un referendum farsa che formalizzasse l’addio all’Ucraina. Per ora questa consultazione dalla dubbia validità, per usare un eufemismo, non si è svolta, ma si stanno surrettiziamente abituando le persone ad accettare l’occupazione del territorio. In che modo? Sancendo l’addio alla Grivnia, la valuta ucraina, e introducendo nell’uso quotidiano il Rublo. Il primo passo è stato il pagamento delle pensioni: i media statali, voci del Cremlino, hanno fatto sapere che il passaggio da una valuta all’altra è ufficiale dal primo maggio, mentre Kirill Stremousov, vice presidente dell’amministrazione civile militare della Regione - fedele a Mosca - ha dichiarato che la transizione durerà quattro mesi, durante i quali sarà possibile utilizzare sia il Rublo sia la Grivna.
In sintesi: a Kherson i russi stanno attuando un sistema che va ad annientare il mondo precedente per imporne un altro, telecomandato da Mosca, in modo da fare accettare alla popolazione l’occupazione. Per raggiungere questo obiettivo sono stati anche sostituiti tutti gli amministratori locali, rimpiazzati da figure di collaborazionisti. Di fatto, quando i negoziati ricominceranno, quando si dovrà decidere un compromesso per una tregua, Mosca punterà quanto meno a presentare l’area di Kherson come una regione russa de facto, dove ormai sventolano le bandiere della Federazione. Il presidente ucraino Zelensky però da giorni ripete che non è disponibile ad accettare la perdita di fette di territorio che facevano parte del Paese prima dell’occupazione. Secondo quanto riportato dalla Cnn in molti stanno tentando di scappare da Kherson. Una donna ha raccontato: «Sono fuggita il prima possibile con i miei figli, ormai la regione è completamente occupata. Non abbiamo più nulla. I russi tenteranno di arruolare i nostri figli di 18 anni». Tutto questo però non comparirà nella nuova realtà virtuale descritta dai media imposti da Mosca. Anche questa, come l’imposizione del Rublo e dei sindaci, è russificazione.
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