Al processo per la morte di Luca Sacchi, freddato con un colpo alla nuca lo scorso anno davanti al pub John Cabot pub, all’Appio Latino, si torna a parlare...
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In aula, il militare, che il 12 ottobre, dopo avere intercettato Princi, lo aveva seguito all’incontro con il piazzista Fabio Casale, ha riferito di avere identificato anche Sacchi, ma ha confermato quanto già precisato in un’informativa. E cioè che prima dell’intervento dei carabinieri, mentre Princi e Casale discutevano, Sacchi stava a distanza, come se la questione non lo riguardasse. Una circostanza che, per i legali della famiglia conferma l’estraneità di Luca alle vicende di spaccio. «Il teste in aula ha spiegato che Luca è rimasto lontano 2-3 metri ed era totalmente disinteressato a ciò che i due si dicevano: è l’ennesima prova dell’estraneità di Sacchi dal mondo della droga», commentano Armida Decina e Paolo Salice.
E ieri in aula è stato sentito anche un acquirente abituale di Princi, che ha rivelato di non conoscere né Luca né Anastasja. Ma nel processo si ricostruiscono anche le fasi successive all’omicidio.
«Ho incontrato Valerio Del Grosso il giorno dopo l’omicidio. Ci siamo visti a Tor Sapienza e mi ha detto che la sera prima aveva fatto una sciocchezza, che non pensava di averlo ucciso. Ha detto che non aveva mai avuto un’arma in mano prima e ha mimato il gesto di sparare verso il basso, verso il marciapiede». A parlare davanti alla Corte d’Assise è stato un amico d’infanzia di Del Grosso. «La sera in cui ci siamo incontrati insieme ad altre persone aveva le lacrime agli occhi, stava male - ha detto il testimone in aula - non ce la faceva neanche a parlare, aveva paura a dirlo alla sua famiglia e fui io a dirlo a suo fratello. Io ho consigliato a Del Grosso di consegnarsi alle forze dell’ordine ma la paura lo ha frenato. So che in quel periodo aveva problemi con la ex compagna, era legatissimo al figlio, andava dallo psicologo e assumeva farmaci».
Il Mattino