La passeggiata su Roma, annunciata da Matteo Salvini come risposta a un eventuale governo Pd-Cinquestelle non ha nessun argomento dalla propria parte. Ma, per saperlo, pur essendo...
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Se però dalla dimensione istituzionale si passa a quella politica, allora lo scenario cambia. E lì anche le dichiarazioni programmatiche, diventate ormai di una impressionante genericità, non sono più sufficienti; lì si apre un altro orizzonte, quello delle identità politiche che si mettono a confronto, nel quadro determinato della situazione italiana. Che è per molti aspetti inquietante, come se lo squilibrio tra i poteri che contano, l'invasività di alcuni, il ritrarsi di altri, stesse creando una incertezza nei confini reciproci, fino a mettere in discussione la fisionomia normale di una democrazia politica. Ed è su questo anzitutto che va concentrata l'attenzione e misurata l'azione politica di ciascuno e soprattutto la possibilità delle alleanze: non tutto può essere ingoiato dai teatrini cui assistiamo o dai titoli di un programma.
In Italia si sono accumulate tante diseguaglianze, tanti problemi sociali dagli anni della crisi, e ad essi bisogna certo far fronte prioritariamente, ma la discussione in una grande nazione, e le scelte politiche, non si possono limitare a confrontarsi sulla tensione tra poveri e ricchi, tra ultimi e penultimi e così via dicendo. I temi che avanzano penetrano i confini di grandi problemi, le relazioni tra i poteri, le responsabilità della politica. Tutte questioni che sembrano assorbite da un dibattito pubblico in cui si dà l'idea che ognuno, politicamente parlando, può stare con chiunque, dal momento che i programmi sono collocati in un catalogo neutrale, magari compilato da autorevoli accademici, astuta iniziativa dei 5 stelle, con curioso plauso di molti. Siamo per davvero al di qua del bene e del male. È su questo che si costruisce una alleanza politica? Sono d'accordo sui punti 1,2,3 in dubbio sul 4, negativo sul 5, sugli altri si può vedere, e così via numerando? E la sostanza storica di una forza, di un partito, di una cultura, vanno seppelliti senza onori?
E veniamo al punto da cui sono partito. Istituzionalmente corretto il dialogo in corso. Politicamente, vorrei aggiungere la mia voce a quella di chi giudica un serio errore politico per il Pd una sua alleanza di governo con il Movimento 5 stelle, una forza che gli è alternativa fin nel midollo. C'è lontananza stellare tra le due forze politiche su questioni cruciali che il confronto cui assistiamo tende a gettare irresponsabilmente alle ortiche. Per i 5 stelle: la dipendenza da una impresa privata; il disprezzo della rappresentanza politica manifestato in mille modi; l'intenzione di instaurare il vincolo di mandato; l'autoritarismo spietato nel governo del Movimento; la demagogia su ogni tema toccato; l'indifferenza, da programma, sui conti pubblici; il passaggio da una idea a quella opposta in tempo quasi reale; il giustizialismo, vero, tragico tarlo italiano; il rigetto della prescrizione dei reati; l'idea di una società come anticamera di una colonia penale; l'indifferenza per l'Europa, quello e il contrario di quello. Ideologia? Quale peccato! Volgiamoci al concreto, chi prova a porre insensatamente qualche dubbio vecchia maniera, stia al posto suo. Le idee non esistono più, sono un ostacolo alla comprensione del reale.
Un post-scriptum. Siamo in molti colpiti dall'invasività della giurisdizione penale, di cui si potrebbero dare mille esempi. Essa si erge ormai pure a giudice della storia e della responsabilità della classe politica di una nazione. Certo, leggeremo le motivazioni della sentenza di Palermo sulla trattativa, e mi guardo bene dall'entrar nel merito del giudizio su singoli comportamenti personali, anche se colpito dai contrasti tra varie giurisdizioni che si sono pronunciate su temi collegati. Mi limito a chiedere: ma se, durante il sequestro Moro, il governo avesse deciso di trattare con gli stragisti-terroristi che avevano fatto fuori tutta la scorta del dirigente democristiano, e tanti altri prima di quei poveri, eroici agenti, se questo fosse avvenuto, sarebbe stato legittimo da parte della Procura di Roma aprire un fascicolo penale a carico della presidenza del consiglio? O lì lo avrebbe impedito il carattere presuntivamente politico del terrorismo rosso e del suo riconoscimento? La domanda è molto generale, ma bisogna incominciare a porla: quali sono i confini in cui si può muovere la responsabilità della politica in stato di eccezione?
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Il Mattino