M5S-Rousseau, è rottura: e Di Battista minaccia l’addio

M5S-Rousseau, è rottura: e Di Battista minaccia l’addio
Alla fine da oggi è ufficialmente Rousseau contro Rousseau. Nessuna bagarre filosofica però, almeno sulla carta, ma solo l'ennesimo strappo grillino contro lo...

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Alla fine da oggi è ufficialmente Rousseau contro Rousseau. Nessuna bagarre filosofica però, almeno sulla carta, ma solo l'ennesimo strappo grillino contro lo strapotere di Davide Casaleggio. Uno strappo, arrivato ieri sera, che ha anticipato solo di poche ore un altro terremoto esploso tra i pentastellati.


L'epicentro, dieci giorni dopo l'ultimo post al vetriolo per l'insuccesso alle regionali, è Alessandro Di Battista, anima candida dei grillini e purista tra gli ortodossi: «Così facendo si andrà verso una direzione di indebolimento del Movimento 5 Stelle e si diventerà un partito più come l'Udeur, buono forse più per la gestione di poltrone». Una bordata alla reggenza filo-governativa voluta per il M5s dall'ex amico Luigi Di Maio e dai suoi ma anche alla prospettiva di una leadership collegiale con «al centro i temi» e non i nomi caldeggiata da Roberto Fico, Vito Crimi e molti dei parlamentari grillini. «Ci sono persone accusa da Piazza Pulita su La7 senza la camicia bianca di un tempo ma con la polo blu da outsider che spingono per la leadership collegiale perché c'è il pericolo che il capo diventi io». E ancora: «Voglio bene al Movimento, credo a un progetto - aggiunge - e penso che l'alleanza strutturale con il Partito democratico per noi sia la morte nera. Si fanno alleanze perché altrimenti vincono gli altri».

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Dibba ha sfondato la porta, già socchiusa, di quella che sembra a tutti gli effetti l'anticamera di una scissione. «Ho progetti da presentare al Movimento - dice - servizio ambientale, car sharing nazionale, sanità, acqua e trasporti pubblici, intervento diretto dello Stato nell'economia ma anche impresa privata a partire dalle pmi. Creiamo quest'identità e alle prossime elezioni si deciderà che cosa fare». Ma, avverte, «se andiamo col Pd tanto per andare, gli italiani penseranno che siamo la stessa cosa dei dem e voteranno l'originale».

Uno scisma che ha tra le sue tesi più importanti proprio il ruolo di Rousseau e quello di Casaleggio jr. Il figlio di Gianroberto infatti, non solo è vicinissimo a Di Battista ed è suo sostenitore come uomo solo al comando, ma è anche proprietario de facto della piattaforma pentastellata ed esattore dell'obolo da 300 euro che ogni parlamentare deve destinare tra mille malumori alla sua associazione.

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Così, ad incunearsi nella crepa di malcontento che da tempo minaccia la solidità del M5s su questo tema, è un gruppo di esperti informatici. Sviluppatori tra cui spicca il nome di Fabio Pietrosanti che oggi faranno debuttare, a due giorni dal compleanno del Movimento 5 Stelle, Open Rousseau. Un software libero - il cui codice sarà quindi verificabile da chiunque - che è basato sulla piattaforma Decidim già adottata nella gestione smart dalla città di Barcellona, che non solo sarà messo a disposizione dei parlamentari e di tutti i cittadini ma soprattutto può diventare punto cardine del nuovo M5s.
 
Ieri infatti è stato anche rivelato come i deputati cinquestelle al lavoro sul nuovo statuto del gruppo parlamentare abbiano fatto sparire ogni riferimento alla piattaforma Rousseau. Senza troppe cerimonie, come già fatto dai senatori in estate, sono sparite le menzioni all'articolo 2 e all'articolo 17 del testo. Inoltre, la bozza depotenzia anche l'altro pilastro del controllo di Casaleggio sul Movimento: il blogdellestelle. Vale a dire il sito, controllato dall'Associazione Rousseau, che nelle nuove intenzioni dei deputati grillini continuerà ad avere un ruolo ma non sarà più l'unico canale comunicativo ufficiale riconosciuto dal Movimento. In pratica se ne decreta la fine del monopolio. 

Un tramonto che l'Associazione non è rimasta a guardare: «Saremmo stati felici se ci fosse stato un vero progetto e non un ennesimo tentativo di sola visibilità mediatica» hanno scritto in una nota. La «finta» piattaforma non può sostituire quella vera, in pratica. Anche perché se lo facesse il primo ottobre rischia di passare alla storia come la data spartiacque. Quella della fine della seconda era grillina. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino