«Gli voglio bene, non lo voglio uccidere, perché non siamo carne da macello, però se viene preso ha proprio la volontà di andare a collaborare con la...
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Stando alla ricostruzione accusatoria, Dellino faceva parte del gruppo di fuoco che ammazzò Napoli nell'ambito della guerra scoppiata tra i clan Strisciuglio di Bari e Conte di Bitonto, perché i primi volevano «prendere Bitonto», con la complicità del clan Cipriano, rivale dei Conte. «Nel 2006-2007 avevamo sotto controllo più di una decina di zone - racconta Amore - diversi quartieri di Bari e alcune città della provincia. Ci mancava Bitonto. Nessuno mai dei baresi era riuscito a prendersi questo benedetto Bitonto perché c'era il clan Conte molto forte sia militarmente che economicamente. E allora bisognava trovare una squadra di killer da mandare lì». Durante quell'estate, stando al racconto del pentito, si susseguirono numerosi agguati tra i due gruppi criminali, con «piccoli ragazzini che ci facevano da vedette», che culminarono nell'omicidio di Vito Napoli. In quel conflitto a fuoco rimase ferito anche il boss Domenico Conte. Di quell'agguato sono stati accusati Giuseppe Digiacomantonio, Salvatore Ficarelli, Giuseppe Ladisa (morto suicida in carcere nel 2009) e Dellino. I primi due erano stati condannati all'ergastolo ma la Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza. Dopo l'omicidio Napoli il clan avrebbe deciso di eliminare Dellino, per timore che parlasse: «Fare questa cosa qua era facile, difficile moralmente, per quanto riguarda ammazzare un amico, però era facile da fare questa storia», spiega il pentito. Secondo l'accusa, a ucciderlo e poi occultarne il cadavere sarebbero stati Digiacomantonio e un altro sodale, Giosuè Perrelli (anche per lui è stata annullata con rinvio la condanna a 30 anni di reclusione). Leggi l'articolo completo su
Il Mattino