Affari in Europa e negli Usa: così la mafia diventa globale

Affari in Europa e negli Usa: così la mafia diventa globale
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Quel 14 settembre 2016, il corpo senza vita di Mario Jackelich nel quartiere storico Outremeuse di Liegi fece capire, se ce ne fosse stato bisogno, che il Belgio era terra di affari mafiosi. La faida tra cosche di Cosa nostra della provincia di Agrigento si era spostata nell'Europa del nord. Morti ammazzati a Liegi, come a Favara. Alla periferia della città belga, i colpi di kalashnikov massacrarono poi Tino Sorce, titolare del ristorante «Grande fratello». Cinque morti ammazzati, tre tentati omicidi. Cosa nostra in Europa e non solo.


LE COSCHE AGRIGENTINE
La Direzione investigativa antimafia conferma: «Le cosche agrigentine occidentali si sono proiettate verso i Paesi del nord America, ma anche verso il nord Europa, con particolare riguardo alla Germania e il Belgio».
Belgio terra di emigrazione da Agrigento, Favara e Porto Empedocle. E, ai tanti che hanno lasciato i paesi d'origine per lavorare con onestà, si sono uniti pure personaggi legati alle cosche siciliane. Secondo una stima di Transcrime, l'organizzazione di analisi che esamina per l'Unione europea i guadagni illeciti in Europa, nell'ultimo anno sarebbero stati 110 miliardi di euro i profitti della mafie. L'un per cento del pil europeo. Traffico internazionale di droga, soprattutto, poi contrabbando, contraffazione, frodi informatiche e scommesse online. Fuori dai confini italiani, un mondo di opportunità e di investimenti per riciclare il denaro che, in patria, viene guadagnato con la droga ma anche con le sempre redditizie estorsioni. Sempre le analisi di Transcrime, parlano del 42 per cento di soldi riciclati nel settore delle costruzioni.


Belgio, ma anche e in prevalenza la Germania, sono i Paesi europei dove più di altri si sono estesi gli affari di gruppi mafiosi. A luglio dello scorso anno, Europol, la struttura di coordinamento delle polizie europee, ha smantellato in Germania una cosca di Barrafranca, località in provincia di Enna. Traffico di droga e estorsioni le accuse, in un'operazione che ha portato in carcere 46 persone, con la cooperazione tra i Ros di Caltanissetta, il Bundeskriminalamt tedesco e il Landeskriminalamt della Bassa Sassonia. Un'operazione in grande stile, con 60 perquisizioni domiciliari e un milione e mezzo di sequestri. Il vice capo della cosca, Giuseppe Emilio Bevilacqua, è stato preso a Wolfsburg. Sull'operazione, ha scritto Catherine De Bolle, direttrice dell'Europol: «È dimostrata la fenomenale capacità di lucro di Cosa nostra e la raffinatezza delle sue operazioni. Nelle attività di riciclaggio le cosche si infiltrano nel Paese europeo ospitante e possono raggiungere anche posizioni elevate a livello sociale ed economico».


L'EST EUROPA
Per Cosa nostra, come per le altre organizzazioni mafiose italiane, l'Est Europa è diventata una terra di Bengodi del riciclaggio subito dopo la caduta del muro di Berlino. La Romania si è dimostrato Paese di opportunità redditizie nel riciclo, l'edilizia, le attività di ristorazione e commercio all'ingrosso. Ma scrive ancora il rapporto di Transcrime: «Pure in Spagna sono state trovate aziende legate alla mafia siciliana in Andalusia, Galizia e Catalogna. In particolare, in Galizia membri di Cosa nostra hanno aperto aziende di copertura che operano nella vendita di prodotti ittici, mentre in Andalusia sono attivi nel settore dell'olio di oliva».


In un anno, l'attività di coordinamento dell'Eurojust, la struttura di raccordo delle indagini dei 27 Paesi dell'Unione europea, ha avuto un incremento del 17 per cento. Nell'ottobre 2018, un'indagine ha accertato che esponenti della cosca mafiosa di Gela, trasferiti a Colonia, Karlsruhe e Pforzheim in Germania, controllavano un traffico di droga sul mercato tedesco con complici turchi e colombiani.


NEGLI STATI UNITI
Nel continente americano, Cosa nostra ha ormai una storia ultra-centenaria. All'emigrazione di fine Ottocento corrispose anche la nascita di gruppi mafiosi, che fecero da raccordo per gruppi di napoletani e calabresi. Le tradizionali famiglie mafiose negli Stati Uniti hanno origini siciliane: i Bonanno di Castellammare del Golfo in provincia di Trapani, la famiglia Gambino originaria di Palermo, le famiglie Genovese e Lucchese di Corleone e la famiglia Colombo di Villabate. Scrive la Direzione investigativa antimafia: «Le attività investigative della Dda palermitana hanno da tempo fatto emergere rinnovati contatti tra Cosa nostra e la similare organizzazione statunitense, con il definitivo superamento della frattura fra corleonesi e perdenti».
Fu con la sanguinosa seconda guerra di mafia degli anni Ottanta del secolo scorso che negli Stati Uniti si trasferirono i perdenti. Tra il 1981 e il 1983, erano stati uccisi 21 affiliati agli Inzerillo, soccombenti con i corleonesi dei boss Riina e Provenzano. I sopravvissuti diventarono gli «scappati», in fuga per salvare la pelle. Attraverso contatti con le famiglia di Cosa nostra americana, rimasero a New York, investirono in ristoranti e vendita di pasta. Scrive la Direzione investigativa antimafia: «Gli scappati hanno impiantato redditizie attività imprenditoriali con la famiglia Gambino, da oltre 50 anni radicata negli Stati Uniti, con proventi utilizzati per mantenere le famiglie e i sodali rimasti in Sicilia».


Nel giugno dello scorso anno, l'inchiesta «Cutrara» documentò rinnovati contatti tra la cosca del boss Francesco Domingo di Castellammare del Golfo, che appartiene al mandamento di Trapani controllato dal famoso boss latitante dal 1993 Matteo Messina Denaro, e la famiglia Bonanno di New York, furono accertati «diversi incontri del boss con soggetti italoamericani di origine castellammarese inseriti nel contesto mafioso statunitense» ha scritto la Procura palermitana. In un'intercettazione, si parlava di affari e una frase era indicativa: «In America ti mando, in un posto a lavorare e guadagnare soldi, assai però». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino