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In Cosa nostra è nata una nuova «famiglia» mafiosa: quella dei quartieri Zen-Pallavicino, affidata alla gestione di Giuseppe Cusimano. Emerge dall'inchiesta che ha portato al fermo di 16 tra boss ed estortori del mandamento di Tommaso Natale. Dall'indagine è venuto fuori che il neo costituito clan aveva problemi gestionali, dovuti all«esuberanzà criminale e alla violenza di alcuni suoi esponenti. Un esempio è quanto accaduto lo scorso settembre 2020 nel quartiere ZEN, quando due gruppi armati si sono sfidati »a duello«. Le due bande si sono affrontate, armi in pugno, in pieno giorno e in strada, sparando colpi di pistola che solo per un caso fortuito non hanno provocato la morte o ferito nessuno. L'episodio ha indotto i vertici mafiosi a prendere provvedimenti e a progettare l'eliminazione di alcuni soggetti non »allineati« e non controllabili. Solo l'intervento degli inquirenti ha scongiurato nuovi omicidi.
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Rapine a portavalori
La mafia pianificava anche rapine a portavalori e distributori di benzina con armi automatiche da guerra ed esplosivo al plastico. L'intento dei vertici della famiglia mafiosa dello ZEN era assaltare, usando proprio le armi e l'esplosivo, un portavalori di una società di vigilanza per incamerare denaro liquido da riutilizzare per il sostentamento dei mafiosi liberi e detenuti.
La spesa ai poveri
Durante il periodo del lockdown i boss mafiosi hanno aiutato le famiglie indigenti dello Zen distribuendo la spesa. Nel blitz dei Carabinieri emerge come i vertici mafiosi abbiano tentato di accreditarsi quali referenti nel periodo del primo lockdown a marzo. Secondo gli inquirenti il presunto boss Giuseppe Cusimano, ha tentato di organizzare una distribuzione alimentare. Una circostanza, «che dimostra come Cosa nostra è sempre alla ricerca di quel consenso sociale e di quel riconoscimento sul territorio, indispensabili per l'esercizio del potere mafioso», dicono i pm.
Minacce a imprenditori
Il racket continua a vessare imprenditori e commercianti a Palermo. Gli estortori continuano a imporre le imprese amiche ai costruttori impegnati in attività edili e riscuotono il «pizzo», in maniera capillare, dai commercianti locali. In caso di resistenze da parte degli operatori economici, i boss non esitano a porre in essere minacce, danneggiamenti, incendi. L'inchiesta ha ricostruito 13 estorsioni aggravate dal metodo mafioso (10 consumate e 3 tentate) e due danneggiamenti seguiti da incendio. Cinque imprenditori vittime degli estintori hanno scelto di denunciare e si sono rivolti agli investigatori.
Le riunioni in gommone
Per evitare di essere intercettati i boss organizzavano i loro summit in mare, a bordo di un gommone.
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