Maradona, la svolta con il test del Dna: «Magalì Gil non è sua figlia»

Maradona, la svolta con il test del Dna: «Magalì Gil non è sua figlia»
Magalì Gil, una 25enne di origini italiane, non è la figlia di Diego Armando Maradona. O meglio: ci sono pochissime possibilità che lo sia, quasi zero. La...

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Magalì Gil, una 25enne di origini italiane, non è la figlia di Diego Armando Maradona. O meglio: ci sono pochissime possibilità che lo sia, quasi zero. La vicenda - una delle tre richieste di filiazione sollevata dopo la morte dell'ex capitano della Seleccion argentina e del Napoli, avvenuta il 25 novembre scorso - è chiusa. O meglio: sarebbe chiusa. Perché invece il caso ha alimentato nuovi veleni all'interno della litigiosissima famiglia Maradona. Si è scoperto che il test del Dna è stato possibile per Magalì Gil grazie a una sorella di Diego, rimasta almeno per ora nell'anonimato. Questo solleverà ulteriori polemiche tra le sorelle e le due figlie del Pibe, Dalma e Gianinna, e la loro madre Claudia Villafane, anche perché sui media argentini sono state tirate fuori dichiarazioni di tre anni fa di una sorella di Diego: «Claudia ti darebbe un rene ma non i soldi. Ci hanno sempre trattate come quelle povere. Una volta, a Napoli, Diego mi diede un assegno per fare acquisti e lei venne a riprenderselo alle tre di notte».

Prosegue, intanto, l'inchiesta sulla morte del campione da parte dei magistrati della procura di San Isidro. Ci sono sette indagati per omicidio colposo con dolo eventuale, pena punita in Argentina con il carcere da 8 a 25 anni. Le accuse più gravi per i medici che avrebbero dovuto assistere Maradona dopo l'operazione al cervello avvenuta a inizio novembre: il neurochirurgo Leopoldo Luque, la psichiatra Agustina Cosachov e lo psicologo Carlos Diaz. I magistrati hanno cominciato ad ascoltare i testimoni. Tredici nel primo giorno, quasi tutti infermieri che prestarono servizio presso l'appartamento del Barrio San Andres a Tigre, dove Diego sarebbe morto il 25 novembre. Nei prossimi giorni sarà ascoltato il kinesiologo Nicolas Taffarel, che fu tra i primi a lanciare l'allarme sulle condizioni fisiche del Campione («È gonfio») ma non fu ascoltato da Luque, il medico che avrebbe dovuto coordinare il pool sanitario, anche se il neurochirurgo ha negato questa responsabilità quando è stato ascoltato dai magistrati. 

Presto in procura si presenteranno anche alcuni dei testi indicati da Luque e dagli altri medici indagati, oltre che dall'avvocato Morla che gestiva gli affari di Maradona, tra cui i cardiologi delle cliniche Olivos e Ipensa presso cui fu ricoverato il Pibe. Il neurochirurgo, infatti, tenta di dimostrare che dagli esami effettuati presso quelle due case di cura non sarebbero emersi gravi problemi cardiologici. Ma che Diego fosse gravemente cardiopatico a causa dell'abuso di cocaina lo sapevano tutti, da almeno vent'anni.

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Il Mattino