Bari choc, malato oncologico lasciato 15 ore in Pronto soccorso. La figlia: «Inaudito». Cos'è accaduto

Un malato oncologico di 71 anni è stato lasciato in pronto soccorso per 15 ore. La figlia ha denunciato l'accaduto infuriata
Lasciato per 15 ore su una sedia del pronto soccorso. E' quanto successo ad un anziano di 71 anni, malato oncologico su una sedia a rotelle, che è stato portato...

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Lasciato per 15 ore su una sedia del pronto soccorso. E' quanto successo ad un anziano di 71 anni, malato oncologico su una sedia a rotelle, che è stato portato dalla figlia al Pronto soccorso del Policlinico di Bari giovedì alle 18.00 per essere ricoverato. Elisa Manzari, la figlia, è poi tornata alle 9.00 del giorno successivo trovandolo ancora lì in attesa di essere portato in una stanza. In collera, Elisa ha quindi denunciato l'ennesima vicenda di malasanità,in una intervista alla "Gazzetta del Mezzogiorno".

 

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«Mio padre ha 71 anni ed è un paziente oncologico - dice -: me l'hanno lasciato su una poltrona a rotelle per tutta la notte. Ho occupato la Sala rossa. Qualcuno doveva spiegarmi. Ho alzato la voce davanti agli sguardi preoccupati e rassegnati del personale e di altri pazienti nelle stesse condizioni di mio padre».  Nella risposta, dal Policlinico hanno spiegato che nella notte tra giovedì e venerdì c'è stato in Pronto soccorso un afflusso superiore alla norma di pazienti a seguito della chiusura temporanea, per sanificazione, del Pronto soccorso dell'ospedale Di Venere. Ma hanno anche chiarito che il padre era stato preso in carico e assistito da personale adeguato, con la disposizione del ricovero venerdì mattina. 

La spiegazione, però, non ha convinto Elisa che ha detto: «Mentre 'occupavo' il reparto, lì, al fianco di mio padre, un medico ha provato a tranquillizzarmi spiegandomi che, nonostante la situazione paradossale, a mio padre erano stati effettuati i prelievi e gli esami necessari e che stavano procedendo al suo ricovero. Come? Avevano trovato un posto letto di un paziente meno grave di mio padre. Sono un'assistente domiciliare e so cosa vuol dire lavorare fianco a fianco con il dolore. Mi sono sforzata di comprendere tutto, persino il fatto di dover affrontare i sensi di colpa per un posto letto sottratto a  un altro paziente. Ma se fosse accaduto il peggio? Trovo inaudita questa roulette russa e spero che il mio gesto smuova qualcosa». 

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Il Mattino