Sono apparsi «molto provati», avevano gli occhi «gonfi di lacrime» e hanno risposto tutti alle domande dei gip, riconoscendosi nei video acquisiti dagli...
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Il più grande del gruppo, di 22 anni, difeso dagli avvocati Armando Pasanisi e Lorenzo Bullo, non fa parte della chat di Whatsapp «Comitiva degli orfanelli», sulla quale venivano condivisi i video delle aggressioni. L'indagato, a quanto si apprende, ha ammesso di aver partecipato a una sola «incursione» nell'abitazione del pensionato, documentata anche da uno dei video acquisiti dagli inquirenti, respingendo comunque le accuse di aver avuto un ruolo attivo. «Io non ho colpito Stano» ha detto durante l'interrogatorio. Uno dei minori interrogati ha pianto, negando di aver partecipato ad atti di violenza. Agli atti dell'inchiesta c'è anche la testimonianza della fidanzata sedicenne di uno degli indagati che il 12 aprile scorso (dopo che l'anziano era stato ricoverato e la polizia aveva avviato una indagine) si è presentata spontaneamente al commissariato di Manduria, sostenendo di essere a conoscenza di alcuni fatti che potevano risultare rilevanti ai fini delle indagini.
Alla presenza della madre ha affermato di essere in possesso di due filmati in cui si vede Stano picchiato e vessato da un giovane. Il 17 aprile la ragazza è stata convocata nuovamente dai poliziotti, che le hanno fatto visionare altri filmati. Ha così riconosciuto tra i giovani ripresi il suo fidanzato e altri tre conoscenti. La 16enne ha riferito inoltre che lo zio di uno degli aggressori stava cercando di contattare gli altri componenti della baby gang intimando loro di non fare il nome del nipote alla Polizia e ha precisato che un altro minore avrebbe fatto vedere uno dei video delle aggressioni a una sua professoressa, senza specificarne il nome. La docente è stata poi identificata e ha confermato di aver visionato due filmati e di aver avvisato dell'accaduto la madre dello studente «che le riferiva di essere già a conoscenza dei fatti e che, per gli stessi, il marito aveva messo in punizione il figlio», ed aveva allertato la collega coordinatrice per «coinvolgere i Servizi Sociali competenti». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino