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Il calciatore del Genoa Manolo Portanova, lo scorso 6 dicembre, è stato condannato a 6 anni di carcere per violenza sessuale di gruppo. Uno stupro che ha visto coinvolti anche lo zio Alessio Langella e due amici, di cui un minorenne. E adesso spuntano le motivazioni della sentenza con alcuni passaggi davvero inquietanti di quanto accadde la notte del 30 maggio 2021 a Siena.
La vittima, una studentessa romana di 21 anni, non era consenziente, anzi. Cercò in tutti i modi di evitare la violenza per poi arrendersi a quanto le stava accadendo. Lo stupro di gruppo durò dai 40 ai 60 minuti e la giovane «fu colpita con schiaffi, riportando lesioni in termini di malattia organica e psichica», si legge nelle motivazioni della sentenza con la quale il giudice di Siena, Ilaria Cornetti, ha condannato a 6 anni di reclusioni Portanova e lo zio.
Le violenze avvennero il 30 maggio del 2021 in un appartamento nel centro storico della città del Palio. Un amico dei due, Alessandro Cappiello, che aveva scelto il rito ordinario, è stato rinviato a giudizio. Un quarto indagato, il fratello più piccolo di Portanova all’epoca dei fatti minorenne, sarà giudicato dal Tribunale dei minori di Firenze.
Come spiegato dal giudice, la studentessa affermò di non voler rapporti di gruppo con i quattro ragazzi «dall’inizio alla fine del rapporto sessuale di gruppo, e lo ha fatto sia con Manolo (con cui era già stata chiarissima le settimane precedenti) che con William, Alessio ed Alessandro». Ma è stata abusata e «bloccata» con le braccia. Lei avrebbe anche tentato di reagire colpendo «Manolo Portanova sulla pancia», poi ha «rinunciato a reagire e passivamente e come un automa, ha fatto quello che le è stato chiesto di fare ed ha subito quanto i quattro ragazzi hanno posto in essere».
Alla lettura della sentenza la studentessa aveva commentato: «Sono felice che la giustizia abbia creduto in me, in una donna oltraggiata». E poi, commossa, aveva ringraziato avvocati, medici e tutti coloro che l’hanno aiutata a tentare di superare un trauma terribile. «Le motivazioni confermano la credibilità di ciò che la ragazza ha sempre dichiarato - ha commentato stamani Claudia Bini, avvocato dell’associazione Donna chiama Donna che ha supportato la studentessa vittima delle violenze -. Spero che gli imputati facciano tesoro di questa condanna che può diventare un’occasione di crescita personale e che utilizzino anche la notorietà che hanno per diffondere un messaggio non tossico, ma a favore del rispetto delle persone».
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