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L’ha vista morire, ha trascinato il corpo della sorella sul marciapiede, «ho continuato a parlarle per tenerla cosciente, mentre chiedevo aiuto», ha detto. Ma non c’è stato nulla da fare. Lorenzo Scialdone era ancora sotto choc quando ha raccontato ai poliziotti di avere visto Costantino Bonaiuti, 61 anni, mentre tirava fuori una pistola e sparava al petto alla sorella, Martina, davanti al ristorante Brado, al Tuscolano. Una frazione di secondi, da una distanza di un «metro, un metro e mezzo», poi «l’ha colpita qui», ha detto il fratello della vittima indicando con la mano il torace. Poi ha ripercorso le tappe di quella storia finita: «Mia sorella doveva incontrarsi con lui per dirgli che voleva chiudere definitivamente. Credo che nell’ultimo periodo glielo avesse fatto capire». Aveva una nuova storia e Bonaiuti era folle di gelosia. «Credo che – ha detto il fratello – avesse scoperto di quest’altra persona che Martina frequentava perché lei mi ha detto che Costantino non lo vedeva di buon occhio e si era insospettito». Venerdì sera la giovane avvocatessa era andata a cena dal fratello con la madre, poi – tornata a casa la mamma – si era incontrata con Bonaiuti al Brado dove sono clienti abituali- Lì iniziano a litigare furiosamente.
Martina Scialdone, la testimonianza del fratello
«VIENI A PRENDERMI»
«Alle 23.09 Martina mi ha telefonato e ha chiesto con tono agitato se potevo andarla a prendere - ha aggiunto il fratello -. Mi sono vestito di corsa e sono uscito a piedi. Qualche momento dopo, alle 23.12, mi ha richiamato dicendomi: non ti preoccupare, torno da sola». Lorenzo, però, non si è fidato: «Le ho detto: sto venendo. Ho sentito in sottofondo Costantino che diceva: mi sta cornificando». Arrivato al ristorante, Lorenzo ha assistito agli ultimi momenti della lite, «ho provato a separarli». Martina ha aperto le portiere della macchina di Bonaiuti, «cercava il mazzo di chiavi della sua casa nuova. Lui le diceva: non ci sono le chiavi». Bonaiuti la tratteneva per un braccio poi, all’improvviso, la violenza cieca: «Nel momento in cui sono riuscito a dividerli lui ha tirato fuori la pistola e ha sparato». Dichiarazioni che il gip Simona Calegari considera coerenti e credibili e che vengono riportate nell’ordinanza con la quale ieri il magistrato ha disposto il carcere per Bonaiuti.
LA DIFESA
Il 61enne, durante l’udienza di convalida dell’arresto, non ha voluto rispondere al gip, ma ha rilasciato in aula dichiarazioni spontanee, cercando di giustificare il gesto folle e crudele: «Non volevo uccidere Martina, volevo suicidarmi, il colpo è partito per sbaglio». La versione dell’ingegnere dell’Enav, accusato di omicidio premeditato, non è stata considerata credibile. Per il gip, Bonaiuti aveva un unico obiettivo: uccidere. Per questo era uscito di casa portando con sé una delle armi che deteneva per uso sportivo e che non avrebbero potuto lasciare l’abitazione. La tesi del suicidio non regge: «Bonaiuti – si legge nell’ordinanza – pur potendo, anche successivamente all’evento, rivolgere l’arma nei suoi stessi confronti, ha, con estrema lucidità, una volta uccisa la donna, diretto la sua azione esclusivamente alla fuga». Ha telefonato alla ex moglie, che ha raccontato agli investigatori: «Mi ha detto di avere sparato alla Scialdone a causa di un colpo partito per sbaglio». Poi è tornato a casa, dove conservava un arsenale - armi, caricatori, munizioni - e dove è stato arrestato. Il fratello di Martina non è l’unico testimone: «Durante una lite era diventato come un cane rabbioso. L’ho sentita preoccupata e le ho detto di chiamarmi», ha raccontato un’amica della vittima, che conosceva le intenzioni di Martina ed era in ansia per lei, tanto da avere monitorato in continuazione la posizione del cellulare della giovane durante la serata di venerdì. E poi ci sono il titolare del ristorante e una cameriera.
LE CHIAMATE
Il primo, Mirko Catania, ha detto di avere assistito alla lite.
Il Mattino