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Un lungo applauso accoglie Sergio Mattarella quando varca l’ingresso dello stabilimento della Landi Renzo di Reggio Emilia, nel cuore del distretto emiliano della meccatronica. «Viva il Presidente!», lo saluta qualcuno sventolando il tricolore fuori dai cancelli, «grazie di essere venuto». È qui, dove l’industria della componentistica si fonde con le tecnologie più avanzate nel campo dell’ingegneria del software e della mobilità sostenibile, che il Capo dello Stato ha scelto di celebrare il Primo maggio. Una ricorrenza da festeggiare «con necessario anticipo», perché altrimenti sarebbe stato impossibile incontrare i lavoratori. Ed è a loro, e a chi il lavoro lo crea, che Mattarella vuole parlare, stringere la mano. Per condannare come mai prima la «precarietà». E ribadire, tra gli altri, un concetto da sempre caro al Colle: è solo grazie alla «locomotiva» del lavoro che si può sperare di colmare il cronico divario tra Nord e Sud.
PIENA OCCUPAZIONE
«L’unità del Paese significa anche unità sostanziale sul piano delle opportunità di lavoro», scandisce il Presidente: «Significa impegno per rimuovere le disuguaglianze territoriali». Quelle disuguaglianze acuite dal fatto che «la piena occupazione, specie per giovani e donne, è di là da venire», soprattutto nel Mezzogiorno.
A testimoniarlo sono i numeri di Confcommercio, diffusi appena qualche ora prima che il Capo dello Stato prenda la parola. Secondo cui il tasso di occupazione femminile italiano è di è di oltre 10 punti percentuali inferiore alla media europea: 43,6% contro 54,1%. E nel Mezzogiorno – dato forse ancor più preoccupante – lavora meno di una donna su tre. Ecco perché è proprio sull’importanza del lavoro femminile, insieme a quello dei giovani, che Mattarella vuole mettere l’accento. E poi le morti bianche e gli infortuni in fabbrica, che «distruggono vite, gettano nella disperazione famiglie, provocano danni irreversibili». Così come lo sfruttamento dei minori, «piaga ancora presente» che «costituisce un grave furto di futuro, spingendo i ragazzi verso la marginalità».
Ma la visita al distretto della meccatronica di Reggio – eccellenza italiana da più di 400 aziende e 27mila dipendenti – è soprattutto l’occasione per condannare i «divari salariali» oltre a quelli territoriali. In una parola, la «precarietà». Che quando diventa «sistema», scandisce Mattarella, «stride con le finalità di crescita e sviluppo». Del resto quella di domani è «la festa della dignità del lavoro, della Repubblica fondata sul lavoro». Che rappresenta il «motore della crescita e della coesione sociale», sottolinea il Presidente. E ampliare la sua «base» e la sua «qualità» dovrebbe essere «l’assillo costante a ogni livello, a partire dalle istituzioni». Ecco perché non bisogna «arrendersi all’idea che possa esistere il lavoro povero, la cui remunerazione non permette di condurre una esistenza decente». Infine, l’augurio del Presidente (che più tardi vola alla Scuola Ispettori e Sovrintendenti della Guardia di finanza dell’Aquila, sulla cui bandiera viene apposta, su proposta del ministro Gennaro Sangiuliano, la Medaglia d’Oro dei Benemeriti della Cultura e dell’Arte): «Buona festa del lavoro a chi ce l’ha», «a chi lo crea e lo difende», «a quanti lo cercano», alle donne «nella loro realizzazione professionale»; ai diversamente abili, ai giovani e ai pensionati. Nessuno escluso.
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Il Mattino