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In Medio Oriente la guerra regionale che nessuno voleva è iniziata. Un braccio di ferro fra gli interessi israeliani, americani e occidentali, e quelli dell’Iran e dei suoi proxies, l’Asse della Resistenza. Tutti i «sette fronti» individuati dal ministro della Difesa israeliano Gallant sono aperti e «non c’è immunità per nessuno». Gli fa eco l’ex capo della Marina inglese l’ammiraglio Lord West secondo cui non c’è mai stato «mondo più pericoloso e imprevedibile». Mentre Washington e Teheran conducono un negoziato a mano armata agitando i vari teatri regionali, infatti, secondo i vertici militari britannici, il pericolo più grande «è l’arma nucleare che sappiamo l’Iran è molto vicina a ottenere. Una volta creata, l’equilibrio nella regione cambierà».
Fino a quel momento, la domanda è se e come il conflitto può essere contenuto. A Gaza, gli Usa non sono riusciti a condurre a più miti consigli l’alleato israeliano, compatto fra establishment della Difesa, governo e opinione pubblica nell’annientare definitivamente Hamas. Stessa cosa in Cisgiordania dove l’azione concertata di coloni ed esercito israeliano ha condotto a una impennata di violenze che l’Ufficio Onu per gli affari umanitari quantifica in 344 palestinesi uccisi, 4.215 feriti e almeno 198 famiglie sfollate dal 7 ottobre.
L’ALLARME
Al confine israelo-libanese «la possibilità di un’escalation sta crescendo» ed è «legata a un errore di calcolo di una delle parti», precisa il portavoce della missione Unifil Tenenti.
I RAID
Così, impotente di fronte alla destabilizzazione del Paese per giochi di guerra altrui e intrinsecamente legato all’Iran, il premier iracheno Sudani ha chiesto a Washington di avviare un ritiro «rapido e ordinato» dei suoi 2.500 militari. In Siria, inoltre, Israele ha avviato un’ondata senza precedenti di raid aerei contro camion merci, infrastrutture come gli aeroporti di Aleppo e Damasco, e gruppi coinvolti nel trasferimento di armi dall’Iran ai suoi alleati, a partire da Hezbollah in Libano. In 3 mesi in Siria le forze israeliane hanno ucciso 19 membri di Hezbollah e alcuni pasdaran iraniani. Collateralmente, poi, anche il Pakistan è stato coinvolto da missili e droni iraniani volti a neutralizzare due basi del gruppo terroristico iraniano Jaish al-Adi. Infine lo Yemen, dove resta incerto se e quanto l’Iran possa e voglia contenere l’iniziativa degli Houthi. La rappresaglia statunitense e britannica - inevitabile per via dell’uso per la prima volta nella storia di missili balistici antinave contro le difese americane - non ferma la milizia sciita che promette: «Proseguiremo gli attacchi». Un crinale delicato, fra deterrenza muscolare ed escalation senza controllo, dove il calcolo del rischio non è mai scientifico e il pericolo di incidenti esplosivi è sempre più alto.
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Il Mattino