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Politica

Meloni, il discorso all'assemblea dell’Onu: «Guerra globale ai trafficanti di uomini». Poi l'appello: «Seguiteci sul piano Mattei»

Il discorso all’Assemblea delle Nazioni Unite: «Combattiamo la nuova schiavitù»

Meloni, missione all Onu: «Una guerra globale ai trafficanti di uomini». Il discorso

di Francesco Bechis

Giovedì 21 Settembre 2023 Ultimo aggiornamento 14:59

Archiviare una volta per tutte le «guerre di dominio e di stampo neo-imperialista», come quella scatenata da Vladimir Putin in Ucraina. Dichiarare «una guerra...

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Archiviare una volta per tutte le «guerre di dominio e di stampo neo-imperialista», come quella scatenata da Vladimir Putin in Ucraina. Dichiarare «una guerra globale e senza sconti», invece, «ai trafficanti di esseri umani», gli «schiavisti del terzo millennio». Giorgia Meloni ha limato le parole fino all’ultimo, penna in mano. 

 

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L’appello

Di fronte all’Assemblea generale dell’Onu, i grandi del mondo, la premier italiana si fa coraggio. Pronuncia qualcosa di più di un semplice discorso. È un manifesto. L’invasione russa. L’instabilità in Africa. I traffici umani nel Mediterraneo che crescono e sfidano l’Europa. L’Italia teme «l’effetto domino». «Le conseguenze del conflitto in Ucraina travolgono tutti», esordisce Meloni dal pulpito più alto. Una guerra che si scaglia anche «contro le nazioni più povere». Le nazioni africane, «facili prede del terrorismo e del fondamentalismo» perché «provate dai lunghi periodi di siccità e dalle conseguenze dei cambiamenti climatici» e da una situazione «difficilissima in termini di sicurezza alimentare». È un caos che porta «decine di milioni di persone a cercare condizioni di vita potenzialmente migliori». E in questo caos «si infiltrano reti criminali che lucrano sulla disperazione per collezionare miliardi facili». Mentre Meloni scuote il Palazzo di vetro l’Italia affronta un’ondata record di sbarchi che piega il sistema di accoglienza e divide l’Ue. Nelle stesse ore, il governo conservatore lavora alla stretta sui rimpatri dei migranti illegali e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi annuncia la costruzione di un Centro di permanenza e rimpatrio (Cpr) a Ventimiglia, la frontiera italo-francese teatro di tante tensioni. «Vogliamo combattere la mafia in tutte le sue forme e combatteremo anche questa», promette la premier dall’iconico piedistallo di marmo grigio. Ma «dovrebbe essere un obiettivo che ci unisce tutti e investe anche le Nazioni Unite». 

 

 

 

Fra le righe c’è un messaggio all’Europa che nicchia di fronte al dramma del Mediterraneo. E insieme una sferzata a quelle Nazioni, come la Russia, che sul caos africano hanno messo la firma. Di qui l’appello. «Davvero un’organizzazione come questa, che afferma nel suo atto fondativo “la fede nella dignità e nel valore della persona umana” può voltarsi dall’altra parte di fronte a questo scempio?», si chiede la premier. «Davvero questa Assemblea, che in altri tempi ebbe un ruolo fondamentale nel debellare definitivamente quel crimine universale che era la schiavitù, può tollerare che torni oggi sotto altre forme», o «consentire ai trafficanti di stabilire chi abbia diritto a salvarsi?». È un crescendo. Meloni rivendica il lavoro del governo italiano. Chiede all’Onu di unirsi. Al “piano Mattei” per l’Africa, la roadmap per una cooperazione economica «paritaria» con un continente che «non è povero, ma ricco di materie energetiche». Al «processo di Roma», la rete diplomatica italiana nel “Sud globale” di cui la premier si fa portavoce alle Nazioni Unite auspicando una riforma del Consiglio di sicurezza «che esca dall’assetto cristallizzato all’esito di un conflitto concluso ottant’anni fa». Ne ha parlato a tu per tu con il segretario generale Antonio Guterres, cui ha esposto il piano per costruire nuovi hotspot per migranti in Africa, a partire dalla Libia. Temi che finiranno al centro dell’imminente presidenza italiana del G7. A New York Meloni incontra alcuni dei leader nella regione e per farlo abbandona anzitempo una storica riunione del Consiglio di sicurezza. Il presidente del Ruanda Kagame, dell’Algeria Tebboune, del Malawi Chakwera. Lo schema è uno: investimenti in cambio di controlli e sicurezza. Una è anche la missione: garantire a tutti «il diritto a non emigrare, a recidere le proprie radici». 

 

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Il manifesto

Ecco che affiora, nelle parole della timoniera della destra italiana, un manifesto identitario. Nell’era dell’Intelligenza artificiale, dalle cui derive Meloni mette in guardia, «non può essere una zona franca, senza regole» altrimenti rischia di avere «effetti devastanti sul mercato del lavoro», la grande sfida è «rimettere al centro l’uomo», dice la premier citando papa Giovanni Paolo II. Insieme all’uomo, riprende, al centro devono tornare «i due elementi che danno senso a questo luogo: da una parte le Nazioni, che rispondono al bisogno naturale degli uomini di sentirsi parte di una comunità», dall’altra «lo strumento della ragione». È una ricetta indigesta, punge Meloni con lo sguardo ai suoi avversari politici a Roma e Bruxelles, per chi vorrebbe «un mondo senza confini e senza identità». L’Italia, la sua, «ha scelto chiaramente da che parte stare».

 

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