Nonostante la standing ovation che ha accolto Giuseppe Conte in Parlamento, in barba al fatto che anche per alcuni ministri del Pd «il premier è un eroe, ha portato a...
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Il nuovo scontro deflagra a metà pomeriggio, mentre il presidente del Consiglio sta per prendere la parola alla Camera. Zingaretti entra duro: «Continuo a pensare che per l'Italia l'utilizzo del Mes sia positivo ed utile. Il governo dovrà presto assumere una decisione e la nostra posizione è chiara». E il capogruppo dem a Montecitorio, Graziano Delrio, poco dopo scandisce in Aula rivolgendosi a Conte: «Oggi abbiamo il quadro completo degli strumenti a disposizione, il Mes è necessario, bisogna che ci sia franchezza, ci aspettiamo presto da lei un quadro complessivo dei vantaggi e degli svantaggi, ci aspettiamo di poter scegliere nell'interesse dei cittadini: quello per il quale lei sta operando e per il quale gode della nostra fiducia». Parole che si sommano a quelle pronunciate in mattinata in Senato da Renzi: «Presidente, la invitiamo a riflettere attentamente, i 36 miliardi del Mes hanno una condizionalità inferiore ai prestiti del Recovery Fund, se non si ha il coraggio di dirlo si sta mentendo. E poi i 36 miliardi del Mes arrivano in autunno», gli altri nella primavera del prossimo anno.
I SOSPETTI DI PALAZZO CHIGI
A palazzo Chigi non fanno una piega. Derubricano l'offensiva al nervosismo e all'irritazione del Pd contro i 5Stelle. Come dire: tirare fuori la questione del Mes adesso è solo un pretesto per mettere un dito negli occhi dei grillini. E c'è del vero nella versione dell'entourage di Conte: i dem sono furiosi perché il presidente della commissione Affari costituzionali, Giuseppe Brescia (M5S), ha rinviato il voto sulla nuova legge elettorale. «Una scorrettezza bella e buona, giustificata con la tesi che la maggioranza rischiava di andare sotto», spiegano al Nazareno, «ma a noi non importa certificare che Italia Viva non vuole il proporzionale con sbarramento al 5% e che quindi non c'è più una maggioranza a favore del Germanicum. Anzi, se si dimostra che quella riforma elettorale non ha i numeri, saremo liberi di parlare con gli altri... A noi ad esempio piace il sistema spagnolo. Non si possono tagliare i parlamentari e tenersi il Rosatellum: chi vince può prendersi tutto e cambiare la Costituzione. E' in gioco la democrazia».
Ciò non toglie - scontro sulla legge elettorale a parte - che Zingaretti, Renzi e Speranza vogliono il Mes: «I 36 miliardi sono indispensabili per riformare il sistema sanitario nazionale», confida il ministro della Salute, «con quei fondi potremmo rafforzare sul territorio il servizio sanitario, avere risorse per ricerca e nuove tecnologie, varare la sanità digitale e attrarre gli investimenti delle case farmaceutiche».
GRILLINI IN TRINCEA
Ma Conte non molla, anche perché i 5Stelle con Luigi Di Maio, Vito Crimi, Stefano Buffagni sono scesi di nuovo in trincea al grido: «Adesso ci sono i 209 miliardi del Recovery Fund, il Mes non serve più, è superato e possiamo farne a meno». Che è poi la linea del premier, determinato a non terremotare la maggioranza «per di più indebitando oltre misura il Paese». Così ai giornalisti che gli chiedono del Mes, Conte risponde: «Smettetela con questa attrazione morbosa. Abbiamo un discorso di fabbisogno di necessità, valuteremo insieme la situazione, ma ora abbiamo il Recovery Fund». E a palazzo Chigi spiegano: «E' una questione di logica e di buonsenso. Ottenuti 35 miliardi di prestiti in più, sarebbe un errore aggiungere i 36 miliardi del Mes».
Il Mattino