Mogherini annuncia misure per mantenere il commercio con l'Iran

Federica Mogherini e il Ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif
I Paesi che ancora fanno parte dell'accordo sul nucleare iraniano sono d'accordo a sviluppare un meccanismo pratico di pagamento per mantenere intatte le relazioni...

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I Paesi che ancora fanno parte dell'accordo sul nucleare iraniano sono d'accordo a sviluppare un meccanismo pratico di pagamento per mantenere intatte le relazioni commerciali con l'Iran, anche dopo il ritiro degli Stati Uniti dal patto sul nucleare sottoscritto nel 2015. «Consapevoli dell'urgenza e della necessità di ottenere risultati tangibili, l'iniziativa ha lo scopo di stabilire una società veicolo speciale (Special Purpose Vehicle, SPV) per facilitare il pagamento delle esportazioni iraniane, incluso il petrolio», ha affermato il capo della diplomazia europea Federica Mogherini ai giornalisti, dopo aver incontrato i rappresentanti di Regno Unito, Cina, Francia, Germania, Russia e Iran a margine della 73esima sessione dell'Assemblea Generale dell'Onu. Il sistema di pagamento sarebbe stato pensato per aggirare le sanzioni statunitensi e preservare le attività delle aziende e delle compagnie petrolifere che fanno affari in Iran. Il meccanismo, i cui dettagli sono ancora da definire, sarebbe uno strumento per tenere il vita l'accordo da cui il presidente americano Donald Trump si è ritirato a maggio scorso. Secondo alcuni diplomatici europei, L'SPV, fa sapere Haaretz, punterebbe a scambiare direttamente il petrolio iraniano con prodotti europei.

 

L'intesa sul nucleare era stata firmata 3 anni fa a Vienna tra i Paesi del gruppo “5+1”, vale a dire i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU, con potere di veto (Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Russia, Cina), più la Germania. L'accordo sul nucleare, fortemente voluto dall'ex presidente statunitense Obama e considerato uno dei suoi lasciti più importanti in politica estera, era arrivato dopo negoziati intensi ed estenuanti. L'Iran si impegnava a tagliare del 98% le scorte di uranio, a ridurre il numero delle centrifughe e a non costruire nuovi reattori in cambio della sospensione delle sanzioni economiche. A gennaio 2018 Trump aveva deciso di confermare il congelamento delle sanzioni alla teocrazia degli ayatollah, lasciando sostanzialmente inalterato l'accordo sul nucleare. Il 12 maggio, tuttavia, il Capo della Casa Bianca ha denunciato il patto reintroducendo di fatto le sanzioni economiche. L'accordo da un lato consentiva all'Iran del moderato Rouhani di continuare a produrre l'atomica per scopi civili, dall'altro aveva l'ambizione di permettere il riavvio dell'economia dell'ex Persia, dopo anni di isolamento internazionale. Lo sviluppo economico promesso dall'accordo è tardato ad arrivare e molti in Iran sono rimasti delusi dalle riforme economiche. Una delle cause che tra il 2017 e il 2018 ha portato a un'ondata di proteste in Iran sarebbe proprio il mancato sviluppo promesso dall'accordo unito al preoccupante tasso di disoccupati. L'intesa raggiunta nel 2015 era stata criticata da Trump e dall'israeliano Netanyahu a causa della politica aggressiva dell'Iran nelle guerre del Medio Oriente e a causa del sostegno dato dall'Iran a gruppi terroristici come Hezbollah. Anche se tecnicamente rispettano il patto, gli iraniani, come è noto, sono presenti in Siria al confine con Israele e forniscono missili ai ribelli sciiti Houti in Yemen. Alla Conferenza di Monaco dello scorso febbraio l'Italia si era unita al gruppo degli “EU 3”, Germania, Regno Unito e Francia, entrando nel team di Paesi che cercavano di stringere nuove intese con l'Iran.










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Il Mattino