Monsignor Romero, il simbolo degli oppressi dichiarato beato in Salvador

Monsignor Romero, il simbolo degli oppressi dichiarato beato in Salvador
Città del Vaticano - Fino a qualche anno fa il suo nome in curia evocava posizioni politiche giudicate eccessive, troppo a sinistra, troppo vicine alla Teologia della...

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Città del Vaticano - Fino a qualche anno fa il suo nome in curia evocava posizioni politiche giudicate eccessive, troppo a sinistra, troppo vicine alla Teologia della Liberazione, troppo rivoluzionarie. Con l’arrivo di Bergoglio la memoria di Romero, il martire del Salvador, è stata rispolverata e rivisitata. E così domani a San Salvador, alle 18 ora italiana, nella Plaza del Divino Salvador del Mundo, sarà beatificato l’arcivescovo assassinato il 24 marzo 1980 dagli squadroni della morte mentre celebrava messa. Strano destino quello di Romeno. Ritenuto da alcuni un grande difensore dei poveri e dei diritti umani sotto la dittatura militare, per altri, invece, un sostenitore della rivoluzione armata, un guerrigliero marxista con la talare. “La sua opzione per i poveri non era ideologica ma evangelica. La sua carità si estendeva anche ai persecutori ai quali predicava la conversione al bene e ai quali assicurava il perdono, nonostante tutto. Era abituato a essere misericordioso. La generosità nel donare a chi chiedeva era - a detta dei testimoni - munifica, totale, sovrabbondante. A chi domandava, dava. Qualche volta diceva che se gli restituissero i soldi che aveva distribuito, si sarebbe ritrovato milionario” commenta il cardinale Angelo Amato, incaricato da Francesco di elevare all’onore degli altari Romero, l’eroe della resistenza evangelica, il simbolo di una Chiesa che non tace di fronte ai soprusi, alle ingiustizie, alle violenze.




Monsignor Romero fu arcivescovo di San Salvador per soli tre anni. Un mese dopo aver assunto questa carica, nel marzo 1977, veniva assassinato padre Rutilio Grande, sacerdote gesuita e grande amico di Romero. Gli spararono alla schiena mentre andava a celebrare la messa. Il solito copione. Durante la celebrazione del funerale di padre Rutilio, monsignor Romero disse: «Attendiamo la voce di una giustizia imparziale, perché nella motivazione dell'amore non può restare assente la giustizia, non può darsi vera pace e vero amore sopra basi di ingiustizia, di violenza, di intrigo». Romero ripeterà molte volte che la vera pace si può costruire solo sopra la giustizia sociale. I preti che predicavano le stesse cose facevano una brutta fine. Quattro altri sacerdoti saranno assassinati a El Salvador dopo la morte di padre Rutilio. Innumerevoli furono anche gli assassinii effettuati dalle squadre della morte tra campesinos, operai, gente dei villaggi. A Roma Giovanni Paolo II gli disse: «Conosco la grave situazione del suo Paese e so che il suo apostolato è molto difficile». Ma in curia non tutti la pensavano come Papa Wojtyla.



Monsignor Romero aveva chiara coscienza che prima o poi sarebbe stato punito per la sua predicazione. L’eco della sua morte e della sua testimonianza, ha toccato molti cristiani. E la stessa società civile ne è rimasta ammirata per la coerenza. A Roma, invece, la sua memoria è stata appannata dall'accusa di essersi sbilanciato troppo a sinistra.

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Il Mattino