«Dibattere con il presidente Matteo Renzi è, purtroppo, impossibile. Le argomentazioni degli altri non gli interessano. Come un disco rotto, ormai ripete senza fine i...
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«Il Fiscal compact ha un padre, Mario Draghi, e una madre, Angela Merkel»; ricorda Monti. «Io l'ho firmato, certo. Se in quel momento l'Italia, il Paese più a rischio dell'eurozona, non l'avesse sottoscritto, lo spread sarebbe subito tornato ben oltre i livelli ai quali l'avevo trovato. Ma l'ho firmato - evidenzia Monti - in base a due considerazioni: quegli stessi vincoli erano già stati introdotti in forma cogente nelle regole europee, durante il governo precedente al mio, e prima di firmarlo eravamo riusciti a far modificare in senso meno penalizzante la procedura per sanzionare gli eventuali eccessi». La proposta di deficit al 2,9% «confido che non venga fatta propria dal governo. Appartiene al genere delle improvvisazioni in cui l'annuncio precede la riflessione, come fu la strategia fiscale del governo Renzi, annunciata ad un'assemblea Pd a Milano senza che neanche il ministro dell'Economia - scommetto, e spero per lui - ne sapesse nulla», dichiara Monti, secondo cui «bisogna far evolvere il patto di Stabilità introducendo uno spazio legittimo per veri investimenti pubblici. Una volta fatto questo si può puntare verso il pareggio. Creare uno spazio indiscriminato del 2,9%, dichiaratamente per ridurre le tasse in disavanzo mi sembra una recidiva senza senso».
Per il senatore a vita, «dove Renzi brilla per viltà è quando mi accusa di avere lasciato oneri a carico dei futuri governi. Ho accettato di governare in un momento in cui nessuno voleva prendersi quel rischio e - sottolinea - non ho, come lui, preteso di governare quando un collega lo stava facendo decorosamente. Il mio governo ha lasciato una finanza pubblica riequilibrata, un Paese uscito dalla procedura di disavanzo eccessivo integro nella sua sovranità, uno spread ridottosi ad un terzo, un processo di riforme avviato». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino