Roma, morto il musicista picchiato con i caschi: era in coma da 3 anni

Roma, morto il musicista picchiato con i caschi: era in coma da 3 anni
«Mi guardava e non parlava, mi chiedeva aiuto e non parlava, tre anni così, nella sofferenza più profonda, ora è un angelo». Alberto Bonanni non...

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«Mi guardava e non parlava, mi chiedeva aiuto e non parlava, tre anni così, nella sofferenza più profonda, ora è un angelo». Alberto Bonanni non c'è più, è morto per insufficienza respiratoria in un letto d'ospedale di Subiaco. È morto dopo un'agonia fatta di silenzi e smorfie, inghiottito tra due mondi, in coma vegetativo dopo essere stato violentamene aggredito la sera del 26 giugno 2011 nelle strade del rione Monti mentre era con amici. «Alberto non c'è più» ha gridato mamma Patrizia ieri pomeriggio alle 17 quando il ragazzone musicista ha emesso l'ultimo respiro, morto per una crisi respiratoria.


L'AGONIA

Sei mesi trascorsi nel reparto di terapia intensiva all'ospedale San Giovanni: trauma cranico e ventuno ore dopo Alberto 29 anni, musicista, entra in coma. Non si sveglierà più. La testa fasciata, un visibile gonfiore nel lato destro, aveva il letto vicino alla finestra del reparto al secondo piano del San Giovanni. «Così almeno può vedere il cielo» diceva Patrizia mentre gli stringeva la mano. I medici scoprirono anche un tumore cerebrale, «ma avrebbe vissuto altri venti anni» dicono i genitori. Gaetano Scalise, l'avvocato della famiglia Bonanni ha sempre affermato che «il ragazzo è in coma a seguito dei colpi ricevuti, colpi che hanno creato un'ematoma, la causa delle sue condizioni di salute».

Dopo il ricovero al San Giovanni, i genitori di Alberto trascorrono 18 mesi nella clinica riabilitativa Santa Lucia. «Diciotto mesi seduti su una sedia» dice Patrizia, mentre passeggia nervosamente nei corridoi dell'ospedale di Subiaco. Il papà Evaristo ha lasciato il lavoro per seguire il figlio «perché aveva bisogno di assistenza in qualunque cosa» spiega Patrizia. Per cercare di svegliare Alberto dal coma gli amici suonavano le sue canzoni nella stanza d'ospedale. Poi in giro per tutta Italia, negli ospedali specializzati in neurochirurgia per dare una speranza di vita ad Alberto. «Operazioni alla testa, visite dai migliori specialisti - si sfoga Patrizia - ma non c'è stato niente da fare, Alberto non è più tornato». «La famiglia gli è rimasta sempre accanto, ci siamo conosciuti alla clinica Santa Lucia, loro erano là per Alberto, io per mia figlia Luana» dice Enrico Zaratti, papà di Luana, una giovane controllore dell'Atac, aggredita da uno straniero su un bus a largo Preneste nel 2011 e poi ricoverata mesi dopo per un'embolia cerebrale che l'ha devastata.

IL RAID

«Amava la sua chitarra, amava la musica» ricorda Patrizia, per questo si era trasferito da Roviano, paese d'origine della famiglia, a Roma. Viveva in un appartamento a Cinecittà, frequentava il rione Monti perché iscritto alla scuola di musica del quartiere, poi quella maledetta notte, quell'aggressione dovuta a «schiamazzi» dei quali furono accusati Alberto e i suoi amici. Quattro gli imputati nel processo per l'aggressione a Bonanni. La Corte di Appello di Roma ad aprile aveva riqualificato il reato di lesioni gravissime in tentato omicidio per Massimiliano Di Perna, noto come ”Il Pittore”, e Gaetano Brian Bottigliero, 23 anni. Nel 2013 i giudici della I Corte d'Appello di Roma hanno confermato la condanna a 9 anni di carcere inflitta in primo grado col rito abbreviato per Carmine D'Alise e Cristian Perozzi. «Ora cosa diranno? Cosa proveranno? Proveranno almeno un po' di pena? - grida Patrizia- ho vissuto l'umiliazione di vedere mio figlio ridotto a un vegetale, dovevo cambiargli i pannoloni. La sorella Ludovica è distrutta dal dolore. Adesso Alberto è un angelo».


I funerali si svolgeranno lunedì a Roviano, nel paese dove Alberto era nato. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino