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«Sono stata mutilata per il mio futuro marito, per non fare sesso al di fuori del matrimonio». «Io piangevo, mamma aspetta». «Mi hanno legata a un tavolo, cercavo di scappare». «Molte di noi avrebbero potuto non sopravvivere a quel giorno». Le sopravvissute ai tagli, le mutilate. Oggi, 6 febbraio, è la giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili. Nel mondo 200 milioni di donne e bambine le hanno subite: tra le vittime, 44 milioni sono bambine fino a 14 anni, e 3,9 milioni di ragazze sono a rischio ogni anno. Più di 600.000 donne e ragazze mutilate in Europa e oltre 80.000 in Italia.
«Noi di Amref lottiamo per la visione di un mondo libero dalle Fgm, e faremo il possibile per contribuire a porre fine alla pratica entro il 2030, in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs)», spiega Paola Magni, referente per i progetti di contrasto alle FGM di Amref Health Africa. «La complicazione, ora che il mondo sta affrontando la pandemia di Covid-19 di cui siamo tutti al corrente, riguarda le interruzioni e il rallentamento dei progetti e dei programmi di prevenzione e contrasto delle Fgm».
«Per me la lotta alle mutilazioni è diventata una missione. Mia sorella ha subito la mutilazione genitale femminile quando aveva solo 12 anni. Dopo pochi mesi, è stata data in sposa a un uomo più grande di lei. Non ho potuto fare nulla per lei, ma da allora ho deciso che questa era la mia battaglia. E voglio vincerla», racconta Ibrahim Ole Kinwaa, che dal 2017 lavora nello staff di Amref in Tanzania per contrastare le Fgm. Anche lui teme le conseguenze del Covid-19 su un’intera generazione di giovani donne. «Ho paura per le nostre ragazze. Qui in Tanzania la situazione è molto preoccupante. La chiusura delle scuole ha messo a rischio molte ragazze».
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