Alex, l'ultimo volontario rinuncia: sarà il papà il donatore di midollo

Alex, l'ultimo volontario rinuncia: sarà il papà il donatore di midollo
Il piccolo Alex, colpito da una grave malattia genetica, verrà in Italia per sottoporsi al trapianto. Già nei prossimi giorni il bimbo di 18 mesi sarà...

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Il piccolo Alex, colpito da una grave malattia genetica, verrà in Italia per sottoporsi al trapianto. Già nei prossimi giorni il bimbo di 18 mesi sarà trasferito dal Great Ormond street di Londra all'ospedale Bambino Gesù di Roma, che ha dato la propria disponibilità e dal 2010 ha messo a punto una tecnica innovativa, utilizzando le cellule staminali prelevate dal midollo osseo di uno dei due genitori, con l'obiettivo di superare le difficoltà nel trovare un donatore compatibile riscontrate anche in questo caso, nonostante la straordinaria solidarietà, con oltre 13mila adesioni raccolte nel giro di un mese.


In realtà, ci sarebbe pure un volontario, non italiano, con un profilo quasi uguale a quello di Alessandro Maria Montresor. Ma «disponibile solo da metà gennaio», spiegano papà Paolo e mamma Cristina, che aggiungono su Facebook: «Tale tempistica purtroppo è incompatibile con la malattia del nostro bimbo», che «richiede un trapianto il prima possibile». Di qui i contatti avviati con Franco Locatelli, direttore del dipartimento di oncoematologia e medicina trasfusionale al Bambino Gesù.
 
L'intervento rappresenta l'ultima frontiera nei trapianti per i bimbi colpiti dalla leucemia o da altri tumori del sangue, poiché utilizza le staminali emopoietiche di uno dei due genitori ma garantisce «percentuali di guarigione sovrapponibili» a quelle ottenute con il prelievo da un donatore completamente compatibile. Lo dimostrano i risultati della sperimentazione pubblicati sulla rivista Blood e rilanciati dalla Società americana di ematologia, a proposito della tecnica innovativa, di manipolazione cellulare, messa a punto dagli stessi ricercatori dell'ospedale pediatrico della Santa Sede.

«La prima opzione resta, infatti, individuare un fratello o una sorella con un identico corredo genetico. Ma, con famiglie sempre meno numerose, le possibilità sono ridotte», chiarisce Fabrizio Pane, professore ordinario di malattie del sangue della Federico II, in contatto con i coniugi Montresor, di origini venete e napoletane, che abitano a Londra. «Per ovviare a questa limitazione», aggiunge l'ematologo, «ci sono i registri che iscrivono i donatori volontari», più di 35 milioni nel mondo, 400mila in Italia. Ma il 30-40 per cento dei pazienti non trova, tra questi, un profilo idoneo in tempo. E, per rispondere alla urgenza terapeutica, si passa alla «terza scelta»: usare le staminali emopoietiche di un genitore, che sono compatibili con quelle di un figlio al 50 per cento, «ma da cui può dipendere anche il difetto genetico che ha causato la malattia». Per Alex, spiega Pane, «è il papà che può sottoporsi al prelievo con buon margine di successo».

Segue una manipolazione cellulare per evitare gravi complicanze, potenzialmente fatali. Il trattamento ideato al Bambino Gesù permette di eliminare i linfociti T alfa/beta+, considerati pericolosi, lasciando però elevate quantità di linfociti T gamma/delta+ e cellule natural killer, in grado di proteggere da infezioni severe e dalla ricaduta di malattia. Ed ecco i risultati indicati su Blood: dal 2010 il trapianto è stato necessario per 150 pazienti con leucemie acute resistenti ai trattamenti convenzionali o ricadute dopo la somministrazione di farmaci chemioterapici. Sei i bimbi con la stessa malattia di Alex, 80 quelli coinvolti invece nello studio scientifico che dimostra un basso rischio di mortalità (pari al 5 cento) collegato all'intervento, mentre il rischio di ricaduta della malattia è del 24 per cento e, di conseguenza, la «probabilità di cura definitiva» supera il 70 per cento. «Un valore sovrapponibile (anzi lievemente migliore) a quello ottenuto in pazienti leucemici trapiantati (sempre nell'ospedale della Santa Sede) da un donatore, familiare o non consanguineo, perfettamente compatibile», fanno notare i ricercatori. Di più. In particolare, «la percentuale di guarigione definitiva nei bambini con immunodeficienza primitiva è dell'85 per cento».


I sei pazienti con la stessa diagnosi di Alex stanno tutti bene. «E così continuiamo a sperare», sospirano Paolo e Cristina, che lanciano un altro appello sul social network, perché proseguano le iscrizioni nel registro dei donatori: «Vi esortiamo a regalare con un piccolo gesto d'amore una nuova speranza di vita ai tanti Alessandro Maria che aspettano e lottano nell'attesa». In 85 sono già sulla scia proprio grazie alla mobilitazione dell'ultimo mese. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino