Agguati e bombe a Napoli, la doppia faida di Ponticelli: ​cinque cosche, tornano i «barbudos»

Agguati e bombe a Napoli, la doppia faida di Ponticelli: cinque cosche, tornano i «barbudos»
Una guerra. Anzi, due. Tutti contro tutti, nella «doppia faida» che si combatte in queste ore nel quartiere Ponticelli. Come se non bastassero la pandemia, le...

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Una guerra. Anzi, due. Tutti contro tutti, nella «doppia faida» che si combatte in queste ore nel quartiere Ponticelli. Come se non bastassero la pandemia, le saracinesche dei commercianti costrette a chiudere, gli spazi comuni negati ai bambini e i sacrifici che tante famiglie oneste costrette a vivere in un quartiere maledetto subiscono ai tempi del Covid. 


In queste ore nella periferia orientale di Napoli si combatte non una, ma due faide. Cinque famiglie criminali, come schegge impazzite, hanno dissotterrato le asce seppellendo i calumet di una pace fragile come cartapesta: la pace di chi si divide i proventi dei traffici di droga.
Dimentichiamo la storia passata della camorra di Ponticelli. Il punto di rottura è l’abbandono del quartiere della famiglia Sarno. Anno 2009, fine di un’epoca. Si pente Ciro Sarno, detto ‘o Sindaco: l’uomo che oltre a ordinare omicidi, a mettere sotto scacco di estorsioni piccoli e grandi imprenditori, s’impossessava delle case comunali facendole occupare dai suoi affiliati. Tutto è passato. 


Oggi ad animare l’ultima sfida per il controllo dei traffici illeciti in un quartiere abbandonato da Dio e dalle istituzioni sono gli eredi degli eredi dei Sarno. Dopo la faida tra i De Micco e D’Amico, con buona pace degli affiliati al clan De Luca Bossa che se ne stanno alla finestra prima di investire il nuovo capo dei capi, a scatenare la follia omicida e una impulsiva strategia del terrore ci sono due poli che attraggono cinque bande. Ecco perché la camorra a Ponticelli è più «fluida» che altrove; ed ecco perché le alleanze si fanno e si disfano con il battere delle ciglia.

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Sui rapporti ufficiali delle forze dell’ordine compaiono - in lotta - i De Martino contro i Casella. Ma tra le pieghe di questi due nomi, figuranti quali eredi dei De Micco e dei D’Amico, oggi si sono insinuati - come larve che attendono solo l’arrivo della metamorfosi - almeno cinque bande di delinquenti. Attenzione a chiamarli camorristi: utilizzano sicuramente metodologie assimilabili alla criminalità organizzata, ma in realtà si tratta di banditi, o poco più. Giovani e teste calde che - aizzate da personaggi, quelli sì camorristi, appena usciti dal carcere e pronti a fagocitare il «banco» - vengono utilizzati in scontri a fuoco «porta a porta».



Non è certo una novità. Storia già scritta. Ma va così: oggi i pazzi scatenati che se ne girano con le 44 Magnum nelle tasche in cerca dei nemici da uccidere si identificano per il taglio della barba. E per i tatuaggi stampati su avambracci e collo, purché siano ben riconoscibili.


Cinque bande. Quelli del «Lotto Zero»; quelli del «Conocal»; quelli delle «Palazzine del Lotto 10»; e quelli del rione Incis. Pazzi scatenati. Pronti a tutto. E manipolati - al momento - dai due grandi burattinai che si contendono Ponticelli: i Casella e i De Martino. Giovani spediti al fronte del massacro di camorra. Storia triste e già scritta. 
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Il Mattino