Naufragio della Concordia Schettino all'ultimo duello

Naufragio della Concordia Schettino all'ultimo duello
Sorrento. I passeggeri terrorizzati e avvolti nelle coperte termiche, i soccorritori impegnati nelle operazioni di salvataggio, le telecamere di mezzo mondo puntate sull'isola...

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Sorrento. I passeggeri terrorizzati e avvolti nelle coperte termiche, i soccorritori impegnati nelle operazioni di salvataggio, le telecamere di mezzo mondo puntate sull'isola del Giglio e sulla penisola sorrentina. E poi il comandante Francesco Schettino sul banco degli imputati, la solita ridda di accuse e recriminazioni, una nave da crociera passata in pochi mesi da gioiello della marina italiana a rottame da smantellare. Ecco ciò che rimane del naufragio della Costa Concordia a cinque anni di distanza da quel maledetto 13 gennaio 2012. Quello che non potrà mai essere cancellato, però, è lo strazio delle vittime e delle loro famiglie: 32 persone inghiottite dal mare sul quale intendevano trascorrere le vacanze e nel quale, invece, incontrarono la morte.


Un disastro senza precedenti nella storia della marineria che stamani, come accade ormai dal 2013, sarà commemorato proprio sull'isola del Giglio: prima la messa di suffragio nella chiesa dei Santi Lorenzo e Mamiliano, poi la fiaccolata fino alla lapide del molo rosso che ricorda la tragedia e infine il lancio di una corona di fiori al largo di Punta Gabbianara, dove la Concordia si arenò in seguito all'impatto con gli scogli. Per i giudici della Corte d'appello di Firenze a provocare l'incidente fu la rotta stabilita dal comandante Schettino, condannato in primo e in secondo grado a 16 anni e un mese di reclusione e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Tra un giro in canoa nella baia di Alimuri e una passeggiata per le strade della sua Meta, Schettino attende il prossimo 20 aprile, quando la Cassazione comincerà a esaminare il ricorso presentato dai suoi avvocati: un testo di 245 pagine, articolato in nove punti, con il quale i penalisti Saverio Senese e Donato Laino chiedono l'annullamento della sentenza di condanna pronunciata il 31 maggio 2016. Il motivo? La Corte d'appello avrebbe sottostimato gli errori commessi dal timoniere e dagli ufficiali, utilizzato come prova dichiarazioni prive di riscontro e valutato in modo sbagliato il presunto abbandono della nave da parte di Schettino.

In più, Senese e Laino sottolineano come i giudici di Firenze abbiano deciso l'appello in poco più di un mese, tra il 28 aprile e 31 maggio, nonostante gli addirittura 88 faldoni e le oltre 60mila pagine di atti processuali che erano stati chiamati a esaminare. La Corte d'appello avrebbe poi copiato interi brani della motivazione adottata in primo grado dal Tribunale di Grosseto «trascurando di fornire la propria valutazione critica» e «limitando illegittimamente la propria funzione di controllo».

Sul fronte opposto, la Procura generale di Firenze chiede alla Cassazione di annullare la sentenza d'appello inasprendo la condanna a carico di Schettino. Nel processo in secondo grado, infatti, i pm invocarono 27 anni di reclusione per il marittimo metese, ma alla fine la Corte confermò i 16 anni precedentemente inflitti dal Tribunale di Grosseto. Ecco perché ora la Procura generale evidenzia la necessità di riconoscere a Schettino l'aggravante della colpa cosciente, soprattutto nella fase di emergenza e abbandono della nave. Si vedrà. La sentenza della Cassazione potrebbe arrivare nel prossimo autunno. Nel frattempo la Costa Concordia si appresta a scomparire.


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Il Mattino