Maxiblitz a Palermo. I carabinieri hano arrestato, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, 12 persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione e...
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C'è anche il nipote del boss mafioso Bernardo Provenzano tra le dodici persone arrestate.
A cercare di mettersi in gioco e riprendere le fila del clan corleonese, secondo quanto accertato dalle indagini condotte dai carabinieri, cera dunque proprio il nipote del boss dei boss. Gariffo, nipote di Provenzano, era uscito dal carcere nel 2014. Arrestato nel 2006, uno degli uomini che smistava i pizzini durante la latitanza del boss corleonese, poteva contare su un gruppo di fedelissimi: l'allevatore Bernardo Saporito gli faceva da autista; l'operaio forestale stagionale Vincenzo Coscino, da gregario. Il giudice delle indagini preliminari Fabrizio Anfuso ha firmato un'ordinanza di custodia cautelare per un altro forestale a contratto, Vito Biagio Filippello. Fra gli arrestati anche il capo cantoniere Francesco Scianni, il figlio del capomafia Rosario Lo Bue, Leoluca, e Pietro Vaccaro, questi ultimi due allevatori. Hanno ricevuto un'ordinanza in carcere per le estorsioni Antonino Di Marco, Vincenzo Pellitteri e Pietro Masaracchia, boss già arrestati qualche mese fa; Masaracchia era stato intercettato mentre parlava di un progetto di attentato contro il ministro dell'Interno Angelino Alfano. Libertà vigilata, invece, per due proprietari terrieri, gli omonimi Francesco Geraci, nipote e figlio di un capomafia deceduto. Altri due incensurati di Palazzo Adriano si erano rivolti agli uomini del clan per uccidere un parente, che ritenevano di troppo nella divisione di un'eredità. Un progetto sventato dalle indagini dei carabinieri. Secondo gli investigatori avrebbero assoldato due uomini che dovrebbero essere proprio Pellitteri e Masaracchia promettendo la somma di tremila euro. A dare un contributo alle indagini anche le denunce di una decina di imprenditori vessati dalla cosca. Sentiti dai militari hanno ammesso di avere pagato il pizzo.
Si rompe così il muro dell'omertà a Corleone, dove un gruppo di otto imprenditori ha deciso di denunciare il pizzo all'autorità giudiziaria. Una novità assoluta nel panorama corleonese, dove le vittime non si erano mai rivolte ai magistrati. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino