Kaunas (Lituania) – Il passato non va dimenticato. Le persecuzioni comuniste, le torture del Kgb, le deportazioni dei dissidenti in Siberia, il sistema dispotico esercitato...
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«La vita cristiana – ha detto il Papa durante l'omelia - attraversa sempre momenti di croce, e talvolta sembrano interminabili. Le generazioni passate avranno avuto impresso a fuoco il tempo dell’occupazione, l’angoscia di quelli che venivano deportati, l’incertezza per quelli che non tornavano, la vergogna della delazione, del tradimento. Il Libro della Sapienza ci parla del giusto perseguitato, di colui che subisce oltraggi e tormenti per il solo fatto di essere buono. Quanti di voi potrebbero raccontare in prima persona, o nella storia di qualche parente, questo stesso passo che abbiamo letto (…) la Lituania intera lo può testimoniare con un brivido al solo nominare la Siberia, o i ghetti di Vilnius e di Kaunas». Anche sul Baltico la propaganda dei partiti più estremisti evoca spesso toni antisemiti sollevando fantasmi mai sopiti.
All'Angelus ha ripreso la riflessione. «Settantacinque anni fa, questa nazione assisteva alla definitiva distruzione del Ghetto di Vilnius; così culminava l’annientamento di migliaia di ebrei che era già iniziato due anni prima». Bergoglio ha aggiunto che bisogna scoprire in tempo «qualsiasi nuovo germe di quell’atteggiamento pernicioso, di qualsiasi aria che atrofizza il cuore delle generazioni che non l’hanno sperimentato e che potrebbero correre dietro quei canti di sirena».
A pochi chilometri c'è la famosa collina delle croci, una collina sulla quale si contano oltre 400 mila croci, croficissi, corone del rosario di ogni foggia, materiale, colore. Un luogo di pellegrinaggio sorto spontaneamente che i soldati sovietici hanno abbattuto con delle ruspe almeno un paio di volte. Ma le croci dei fedeli rispuntavano sempre. Era il simbolo della libertà religiosa, oggi invece ha detto il Papa è l'emblema delle Beatitudini. «E' la collina dove abitano gli ultimi, dove si richiede la delicata attenzione agli esclusi, alle minoranze, per allontanare dai nostri ambienti e dalle nostre culture la possibilità di annientare l’altro, di emarginare, di continuare a scartare chi ci dà fastidio e disturba le nostre comodità». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino