Strage di Rigopiano, ultimo atto: oggi la sentenza in Corte d’Appello

La tragedia del 2017. Il responso atteso alle 15,30 dopo dieci udienze in due mesi. Verdetto a porte chiuse. In primo grado cinque condanne lievi e 25 assoluzioni

La commemorazione vittime di Rigopiano nella ricorrenza del settimo anno della strage
Udienza aperta e chiusa, questa mattina, in Corte d'Appello all'Aquila del processo di secondo grado per la tragedia di Rigopiano giunto alla sua...

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Udienza aperta e chiusa, questa mattina, in Corte d'Appello all'Aquila del processo di secondo grado per la tragedia di Rigopiano giunto alla sua fase conclusiva. Non ci sono state repliche dalla pubblica accusa, dalla parte civile e tanto meno dagli avvocati dei 30 imputati per i quali la procura di Pescara ha fatto ricorso: da qui la decisione da parte del collegio dei giudici presieduto da Aldo Manfredi di ritirarsi subito in Camera di Consiglio. Sentenza annunciata, in un primo momento, non prima delle 16, che a questo punto potrebbe essere anticipata probabilmente di una mezz'ora. 

Su Rigopiano, quello di oggi all’Aquila è il giorno del giudizio. Infatti dopo oltre due mesi di udienze (la prima il 6 dicembre scorso) e a poco meno di un anno, 23 febbraio scorso, dalla sentenza di primo grado al Tribunale di Pescara per la tragedia dell’Hotel  Rigopiano oggi pomeriggio si conclude il processo di secondo grado alla Corte d’Appello, relativo al disastro del 18 gennaio 2017 quando, alle 16.49, una valanga travolse e distrusse il lussuoso resort alle pendici del versante pescarese del Gran Sasso, provocando la morte di 29 persone. Dieci udienze in cui tutto sommato non ci sono stati particolari colpi di scena (a parte alcune eccezioni tecniche come la legittimità dei ricorsi presentati per l’ Appello dai due pm di Pescara) e la Carta localizzazione pericolo valanghe (Clpv), mai attivata dalla Regione Abruzzo, tirata in ballo dai legali del sindaco di Farindola (Massimo Manieri e Goffredo Tatozzi) e per dimostrare che in presenza di quella carta avrebbe avuto strumenti per effettuare interventi preventivi; nel mezzo una lunga serie di perizie che non hanno portato a un quadro di totale chiarezza. Per il resto tutti gli imputati tra assolti e condannati in primo grado si sono riportati sostanzialmente alle ricostruzioni dei fatti formulate attraverso gli avvocati di fiducia in primo grado dinanzi il gup, Gianluca Sarandrea.

PORTE CHIUSE
 Il collegio dei giudici presieduto da Aldo Manfredi dovrà decidere sui numerosi ricorsi presentati: primo fra tutti quello della procura di Pescara, contro l’assoluzione per 25 dei 30 imputati. In primo grado furono condannati il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta (due anni e otto mesi); i dirigenti della Provincia di Pescara Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio (tre anni e quattro mesi ciascuno); sei mesi ciascuno per l’ex gestore Bruno Di Tommaso ed il geometra Giuseppe Gatto. In quella occasione l’accusa di disastro colposo cadde per molti dei principali imputati, tra i quali l’ex prefetto Francesco Provolo, per il quale il pool della procura coordinato dal procuratore capo Giuseppe Bellelli e composto dai sostituti procuratori Anna Benigni e Andrea Papalia, aveva chiesto 12 anni; l’ex presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, per il quale erano stati chiesti sei anni. Assolti anche tecnici e dirigenti regionali in uno scenario, secondo l’articolato impianto accusatorio, di diffuse responsabilità su vari fronti, dai permessi di costruzione dell’albergo, alla gestione dell’emergenza di quei giorni drammatici sul fronte delle condizioni atmosferiche, alla gestione dei soccorsi, fino ad una presunta vicenda di depistaggio in merito alla telefonata di Gabriele D’Angelo, dipendente dell’albergo e una delle vittime, che aveva allertato la Prefettura sulla situazione di pericolo, fatta sparire.

Alle 9,30 nell’aula Magna del Tribunale previste eventuali repliche poi il collegio si ritirerà in camera di consiglio per decidere. Ad attendere il verdetto i famigliari delle vittime che fin dal primo giorno dell’avvio delle udienze con magliette raffiguranti i lori cari e lo striscione “Mai più” sistemato all’atrio del corridoio che conduce all’Aula magna, hanno seguito tutte le dieci udienze anche loro costretti a restare fuori dalla “battaglia” legale ma con la mente rivolta alla speranza di avere da parte loro piena giustizia.
 

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Il Mattino