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Per un piatto di spaghetti all’arrabbiata, quello con il sugo di pomodoro un po’ piccante, a buon diritto ci si può arrabbiare davvero. E altrettanto capita per una pizza, per il ragù e per un’amatriciana: per farle in casa ora si spende molto ma molto di più. Un po’ perché il conflitto tra Russia e Ucraina ha fatto rivedere al rialzo i prezzi del grano (e quindi, di farine e pasta), un po’ perché al supermercato ci sono meno pomodori in circolazione.
COSA STA SUCCEDENDO
Nelle scorse settimane un clima insolitamente freddo nel Nord Africa ha ridotto le produzioni di pomodori che erano già state colpite da periodi di caldo e siccità. Le tempeste nello specchio di mare tra Marocco e Spagna hanno poi rallentato le consegne. In aggiunta a ciò, il governo del Paese del Maghreb ha deciso per una sospensione delle esportazioni per evitare che i marocchini potessero pagare il prezzo di scaffali vuoti di un prodotto che loro stessi coltivano in quantità. Nel Regno Unito alcune catene della grande distribuzione hanno scelto così di razionare la vendita dei prodotti, tanto che la ministra dell’Agricoltura Therese Coffey aveva invitato i sudditi di re Carlo a mangiare, in sostituzione, le più autoctone rape.
In Italia il razionamento non c’è, ma di ciliegini e datterini d’importazione se ne trovano meno e i prezzi sono ormai alle stelle. «Il Marocco ha deciso di contingentare le esportazioni dei pomodori e così registriamo un calo del prodotto importato.
I PRIMI
Non c’è solo il rincaro sul condimento a condizionare l’amatriciana delle famiglie italiane. Anche la pasta costa di più a causa della guerra tra Kiev e Mosca. Secondo un’analisi di Assoutenti a febbraio di quest’anno il prezzo al chilo è cresciuto del 19,7% rispetto ai dodici mesi dell’anno precedente. Cagliari ha il record di quella più costosa dell’intero Paese (con una media di 2,32 euro al chilo), seguita da Ancona e Udine (2,23 euro). Tra le province che hanno avuto gli aumenti maggiori (rispetto a gennaio 2022), Modena e Bologna (+34,2% e +33,7%). La pasta più conveniente da comprare è a Palermo (1,46 euro al chilo), seguita da Siracusa e Cosenza. «I consumatori italiani hanno pagato e continuano a pagare il conto di un conflitto che ha rivoluzionato i listini del comparto alimentare, con i prezzi che una volta saluti difficilmente torneranno ai livelli pre-guerra», commenta Furio Truzzi, presidente di Assoutenti. Vietata dal galateo, pure la scarpetta ora ha prezzi proibitivi: il pane fresco più salato ora è venduto a Bolzano (6,21 euro al chilo) e a Venezia (5,91). La meno cara è Napoli (2,18 euro al chilo): una differenza del 185% rispetto all’Alto Adige.
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