Premio Sciascia, tra i finalisti un killer di mafia: giurato si dimette e scoppia la polemica

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Quando il 10 gennaio del 1987 Leonardo Sciascia scrisse sul Corriere della Sera quell'articolo intitolato "I professionisti dell'antimafia" non poteva certo immaginare che anche dopo la sua morte il suo nome e la sua opera avrebbero continuato a dividere e a suscitare polemiche. L'ultima, in ordine di tempo, è stata innescata da un vecchio amico dello scrittore siciliano, Gaspare Agnello, componente della giuria del premio Racalmare intitolato proprio a Leonardo Sciascia. Un concorso letterario prestigioso che si svolge a Grotte, paese dell'agrigentino confinante con Racalmuto, e che ha avuto in passato come presidenti oltre allo stesso Sciascia anche Vincenzo Consolo e Gesualdo Bufalino.



A decidere il vincitore sono gli stessi lettori che votano in piazza il loro libro preferito, dopo un incontro con i tre autori finalisti indicati da una giuria «tecnica». Ed è proprio questa scelta che ha provocato la dura reazione di Agnello. Uno dei libri in concorso, «Malerba», pubblicato da Mondadori, è stato infatti scritto da un killer di mafia condannato all'ergastolo, Giuseppe Grassonelli, insieme al giornalista del Tg5 Carmelo Sardo. Una autobiografia in cui si ricostruisce la carriera criminale di Grassonelli, esponente di spicco dei clan di Porto Empedocle, paese natale di un altro noto scrittore siciliano, Andrea Camilleri.



Ma l'anziano giurato, strenuo difensore della memoria di Sciascia, non ci sta e con una lettera aperta annuncia le proprie dimissioni: «È possibile - scrive - che un ergastolano che si è macchiato di crimini efferati e le cui ferite sono vive nelle carni delle sue vittime partecipi a un premio letterario di cui sono stati protagonisti Sciascia, Consolo e Bufalino?». Immediata la replica dell'altro autore del libro, anche lui agrigentino, che bolla le dichiarazioni di Agnello come «illazioni» frutto di un «malcelato e inspiegabile livore».



Il giornalista accusa il giurato «da un lato di una scarsa comprensione del testo, del suo valore e del suo messaggio, dall'altro di una scarsa conoscenza della personalità di Sciascia, dell'attenzione che poneva ai temi legati alla giustizia, alle condanne e al recupero». Sardo si dice certo che Sciascia «sarebbe anzi stato portato ad accogliere di buon grado che un libro come 'Malerbà fosse scelto tra i finalisti di un premio alla sua memoria». Anche il presidente della giuria, il giornalista e scrittore Gaetano Savatteri, che conobbe Sciascia da ragazzo insieme ai giovani cronisti del battagliero periodico di Racalmuto «Malgrado tutto», rivendica la scelta dei tre libri finalisti «condivisa da tutta la giuria, compreso Agnello», annunciando che le ragioni verranno spiegate nel corso della conferenza stampa che si svolgerà domani al Palazzo dei Normanni di Palermo, alla presenza degli autori.



Per la cronaca gli altri due finalisti sono Caterina Chinnici, figlia del magistrato ucciso dalla mafia, con il libro «È così lieve il tuo bacio sulla fronte» (Bairon) e Salvatore Falzone con il giallo «Piccola Atene» (Mondadori). Domenica sera la parola passerà alla giuria popolare del premio Racalmare, che in passato è stato assegnato a scrittori del calibro di Manuel Vasquez Montalban, Cecilia Kin, Andrea Camilleri e Fabio Stassi.
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Il Mattino