Primarie Pd, Letta sceglie Orlando scontro con Renzi su flessibilità

Primarie Pd, Letta sceglie Orlando scontro con Renzi su flessibilità
ROMA - Premette di non voler tornare alla politica attiva ma Enrico Letta vuole dare «un'ultima chance al Pd» e annuncia che alle primarie del 30 aprile...

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ROMA - Premette di non voler tornare alla politica attiva ma Enrico Letta vuole dare «un'ultima chance al Pd» e annuncia che alle primarie del 30 aprile voterà Andrea Orlando per la sua capacità di «unire» il Pd e anche perchè ieri, con la sua presenza ai Trattati di Roma, unico tra i candidati alla guida del Pd, ha dimostrato di credere ancora nell'Europa. Assenza voluta per non oscurare Paolo Gentiloni quella di Matteo Renzi che oggi ricompare a Perugia proprio per tornare a dire che «così com'è l'Europa non va».


Battaglia in Ue che non allontana tanto i tre candidati quanto i dati sull'affluenza al congresso che per ora vede in vantaggio l'ex leader orgoglioso per la sua vittoria in posti come la Bolognina o la sezione nord di Mirafiori. Ad una settimana dall'avvio del voto tra gli iscritti, i risultati lasciano pochi margini di interpretazione: Renzi, secondo dati forniti dalla sua mozione, ha raccolto 12.367 voti (69.36%), Orlando 4.982 (27.94%) ed Emiliano 480 (2.69%). Numeri che nessuno dei tre partecipanti contesta mentre fa discutere la partecipazione: i sostenitori dell'ex leader parlano di affluenza al 61 per cento, 5 punti sopra il 2013, mentre il portavoce della mozione Orlando Marco Sarracino parla di una partecipazione al 50% e interroga il partito chiedendo i dati ufficiali.

Numeri dietro i quali si nasconde il merito della battaglia congressuale. «Se il Pd non cambia, può essere renziano quanto vuole, ma va a sbattere contro un muro», attacca il Guardasigilli che vuole «ricostruire il centrosinistra» e proprio su questo ottiene l'endoserment di Enrico Letta per il quale l'ex diessino «vuole unire il Pd che è un campo largo, non il comitato elettorale di un capo». La ricostruzione è l'obiettivo anche di Michele Emiliano che punta a creare «un soggetto di partecipazione popolare che unisca dai cattolici democratici alla sinistra radicale». Evita con cura le polemiche con i suoi avversari Renzi che preferisce elogiare la democrazia del Pd «a volte, direbbe qualcuno ma non io, pure troppa perchè il giorno dopo i congressi si fanno le scissioni» e attaccare Beppe Grillo che «cambia i candidati che non gli piacciono».


Su un punto, invece, l'ex premier non è disposto a fare sconti: sulla sua capacità di puntare i piedi in Ue per ottenere più flessibilità. E su questo si consuma un botta e risposta pesante con il suo predecessore. «Negli ultimi anni - accusa Letta - è stata raccontata una storia non vera: la linea dell'austerity ha caratterizzato l'Europa dal 2008 fino al 2014 ma dal 2014, da quando è arrivato Junker, l'Italia ha avuto margini di flessibilità molto larghi ma il governo non ha fatto tutte le scelte che doveva e ora si trova davanti ad una manovra che è quella da cui noi uscimmo all'inizio della legislatura. Qualcosa non ha funzionato». Critica che Renzi rovescia: «Fanno credere che noi avevamo margini macro migliori ma non è così, noi la flessibilità l' abbiamo ottenuta», replica rivendicando, in un incontro con gli studenti a Perugia, anche che il suo governo ha abbassato il deficit rispetto agli esecutivi Monti e Letta. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino