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Mancano ore, e non più giorni, all’inizio delle votazioni per eleggere il nuovo Capo dello Stato, e tutto sembra ancora avvolto nella nebbia. Non perché le altre volte fosse diverso, ma ora a complicare la scelta è il nodo del governo e della legislatura che si vorrebbe mettere al riparo.
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I numeri
Nessuno dei due schieramenti ha i numeri per imporre un proprio nome né alla prima né alla quarta votazione quando basterà la maggioranza semplice e non i due terzi e le due coalizioni restano imballate preda delle spaccature interne che provano a coprire addossandosi a vicenda la responsabilità.
Il vertice del centrodestra
È possibile, quindi, che dal vertice del centrodestra di oggi pomeriggio non emerga ancora una soluzione. Perché l’eventuale passo indietro di Silvio Berlusconi non risolve nulla se non l’avvio di una trattativa con centristi e sinistra su una rosa di nomi dove sarà difficile trovare la sintesi che tenga insieme Quirinale e Palazzo Chigi.
La prima chiama
Complicato, quindi, che lunedì pomeriggio, giorno della prima chiama, si possa avere già il nome del nuovo inquilino del Quirinale.
Piani "A" e "B"
Visto che tutti i partiti hanno un ‘piano A’ diverso e un ‘piano B’ che porta al nome di Mario Draghi, lo scoglio più complicato da superare è quello del governo e del relativo programma. Difficile però che i partiti - soprattutto i più grandi come M5S, Lega e Pd - possano permettersi di scavallare indenni la prossima settimana. Infatti la situazione sanitaria ed economica del Paese non permette di allungare oltre la scelta del nuovo Capo dello Stato senza evitare un caos che potrebbe portare diritto alle elezioni anticipate.
Il patto di programma proposto da Enrico Letta, e di fatto condiviso da tutti coloro che vogliono salvare la legislatura, sottende un maggior ruolo e peso di e partiti nel nuovo esecutivo. Un rimescolamento che, fatte salve poche caselle, avverrà a danno dei ministri tecnici e forse non solo.
Ciò che però è difficile pretendere da Mario Draghi e da chiunque altro candidato è la lista dei ministri - premier compreso - che, da Capo dello Stato, dovrebbe poi nominare. Nessun candidato potrà quindi promettere ai partiti e al Parlamento che Draghi rimarrà al suo posto sino alla fine della legislatura. E al tempo stesso, qualora il candidato fosse l’attuale presidente del Consiglio, non potrà Draghi stesso proporre il nome del suo successore a Palazzo Chigi.
Stavolta i partiti dovranno raggiungere un accordo politico senza poter contare su un garante e su questo di misurerà la fragilità o la solidità del sistema politico.
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Il Mattino